Corriere della Sera - Io Donna
ECCO LE OLIMPIADI, MI VIENE DA PIANGERE
sono gli ultimi giorni di olimpiadi, di corse, di tuffi, di incontri. Ciclisti, atleti, nuotatori escono a frotte dal televisore accompagnati da urletti, pianti, pettegolezzi. Chi perde la gara piange perché ha perso, chi vince piange per la commozione di aver vinto. È tutto un piagnisteo. Abbiamo visto gente che volava verso la vittoria cadere rovinosamente e rompersi le ossa. Abbiamo visto anche atleti arrivare con grande sorpresa, anche propria, primi al traguardo. E giù a piangere. L’emozione la faceva da padrona. Anche negli sport che più che emozioni dovrebbero stimolare risolini, come il rugby femminile, come il beach volley. Non ridete troppo, alle Olimpiadi di Parigi, nel 1900, c’era anche il nuoto a ostacoli. I nuotatori avevano a che fare con un palo e delle barche sotto le quali dovevano nuotare. Vinse un australiano. Durò una sola edizione. Fu sostituito dal tuffo in lungo e, non ci potrete mai credere, dal nuoto sincronizzato singolo. Ma ciò che mi ha fatto più ridere in queste Olimpiadi sono i telecronisti. Non ne beccano una. Nella gara di ciclismo tenevano accuratamente nascosti i nomi dei ciclisti in testa. Ma il meglio erano i commenti. Telecronista di judo: «Basile ha fortemente voluto questa vittoria » (tutti gli altri se ne fregavano di vincere). «E ha fatto tutto da solo» (non come gli altri che chiedevano l’aiutino ai familiari). Per non parlare del telecronista della pallanuoto: «Alla fine i nostri hanno tirato fuori gli attributi». Spettacolo immondo! E se fossero state le nostre?