Corriere della Sera - Io Donna
Scandal.
la conquista solo dopo aver avvelenato il presidente - e va da sé dovrà dimettersi.
Potenti, ma non troppo. Donne che, per mano degli sceneggiatori, quasi sempre maschi, che le hanno create, sanno stare al proprio posto. Che, pur se inquiline dello Studio Ovale, finiscono per trasmettere un concetto di leadership femminile regressivo. Di un potere “dolce”, di una sottomissione di buon grado all’ordine precostituito (da maschi), del desiderio di non ambire a troppo. Hillary, fra i cento avvocati più influenti d’America, alla prima campagna presidenziale del marito (1992), indignò la nazione dichiarando che la realizzazione di sé non stava certo nel rimanere a casa a preparare tè e biscotti - e dovette correre ai ripari. Perché quando poi ambiscono, le donne finiscono male. Mackenzie Allen corre per un nuovo mandato, Selina Meyer fa lo stesso. Alicia Florrick di si candida a procuratore dello Stato. Claire Underwood proclama: «Sono decenni che sto al sedile passeggero, è ora che mi metta alla guida». Tutte verranno punite.
claire viene umiliata per la propria arroganza, e così Alicia - che vince, sì, ma è costretta a dimettersi perché coinvolta, innocente, in una frode. La campagna elettorale tira fuori il peggio di Selina Meyer, sottolineandone ancora di più l’inettitudine. E nell’altra commedia di Reese Witherspoon a sfondo politico,
(2003), la deputata Sally Field è rappresentata come una corrotta per i compromessi cui da politico è costretta a piegarsi. Gli stessi compromessi che un politico maschio fa quotidianamente, e nessuno batte ciglio. È il divario di genere tra l’ambizione femminile - considerata patologica e guardata con sospetto - e quella maschile: incoraggiata, scontata e al contrario premiata. Speriamo tutte che Hillary lo colmi.