Corriere della Sera - Io Donna
ALIMENTAZIONE
Pranzare con un gelato? Solo una volta ogni tanto
Fresco e gustoso: con il caldo, è difficile resistere alla tentazione di un gelato. E così c’è chi, per non ingrassare, lo sostituisce ai pasti. Ma è sano? «Solo sporadicamente» risponde Stefania Ruggeri, nutrizionista del Crea ( «Più o meno con le stesse calorie, possiamo permetterci un panino integrale con salmone e insalata, che ha un maggior potere saziante e un miglior apporto nutrizionale. In fondo, anche un piano dietetico dimagrante può contemplare il gelato, in aggiunta ai pasti, meglio artigianale, una-due volte alla settimana, se la giornata è scandita da una buona colazione, spuntini di frutta e pasti leggeri». Per soddisfare il palato, dunque, non è necessario rinunciare a un piatto di pasta o di pesce con verdure, «piuttosto meglio eliminare succhi di frutta e bibite gassate, le fonti più inutili e subdole di zuccheri e calorie». Raccomandazione ancora più valida nel caso dei bambini. «Per i più piccoli, sconsiglio di sostituire il pranzo o la cena con un cono o una coppetta. Non solo è deviante per la loro educazione alimentare, ma non è adeguato per soddisfare il loro fabbisogno energetico: 250 calorie a pasto, indicativamente quelle di un gelato, sono poche per un organismo in crescita». C’è tempo fino al 30 settembre per donare km percorsi a nuoto, in bici, di corsa... alla campagna
condividendoli sui social con l’hashtag L’obiettivo è raggiungere i 17.152 cm, uno in più dello scorso anno, per finanziare il miglior progetto di Federazione associazioni emofilici ( e Fondazione Paracelso ( che coinvolga nell’attività fisica i giovani pazienti. Un materiale tutto made
potrebbe in futuro riparare le lesioni del sistema nervoso. Nero e dall’aspetto spugnoso, composto da nanotubi di carbonio, è stato ottenuto e sperimentato a Trieste, da Università e Scuola di studi avanzati ( «Se inserito tra due fettine di midollo, a una distanza di circa 300 micron, facilita la rigenerazione dei collegamenti e il rispristino della comunicazione nervosa» dice Susanna Bosi, dell’Università triestina. «Le nostre ricerche aprono nuove strade per una patologia oggi priva di cura» aggiunge Maurizio Prato, dello stesso Ateneo. «Ma è necessario ancora molto tempo prima che questi materiali possano essere usati nella terapia».