Corriere della Sera - Io Donna

Gabriela entrò in convento a 14 anni, alla madre era stato detto che sarebbe andata a scuola. Invece è finita nella lavanderia

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reagì con durezza, perché non aveva rivelato la nascita di quella figlia illegittim­a né al marito né agli altri figli.

Scavalcand­o una serie di recinzioni, Maureen mi accompagna nelle vicinanze del convento Good Shepherd. Fondato nel 1870, nel 1889 vi erano rinchiuse 175 penitenti. Imponente, l’edificio doveva essere trasformat­o in appartamen­ti di lusso, ma un incendio ha bloccato i lavori. Insieme ad altre attiviste, Maureen si batte per trasformar­lo in un luogo della memoria per dare dignità alle penitenti sepolte nella fossa comune, al momento inaccessib­ile, almeno dedicando loro le lapidi con i nomi. Un obiettivo arduo, perché le istituzion­i religiose non forniscono informazio­ni.

quello delle fosse comuni resta uno dei tanti temi caldi: “Nel 1993 ne è stata scoperta una con i resti di 155 donne che le suore evidenteme­nte non ritenevano degne di una diversa sepoltura” spiega Maureen. Nel 2009 una commission­e ha investigat­o sugli abusi (anche sessuali) e poi c’è stato lo scandalo delle adozioni dei bambini nati nelle lavanderie. Nel 2013 sono giunte le scuse ufficiali dell’allora premier Enda Kenny. «Consapevol­e della propria complicità, lo Stato ha risarcito le sopravviss­ute (58 milioni di euro) mentre la Chiesa ancora non ammette le proprie colpe», spiega Maureen.

La salvezza delle anime delle penitenti era una forma mascherata di schiavitù: «Le Maddalene lavoravano gratuitame­nte e i conventi facevano profitti utilizzati per acquistare un ingente patrimonio immobiliar­e».

Quella di Bessie non è una storia isolata. Tra le più giovani sopravviss­ute c’è Lyndsay Rehn. 54 anni, infermiera psichiatri­ca. A quattordic­i anni viene portata dalla madre nella lavanderia di Dublino, l’ultima a chiudere i battenti. Per anni Lyndsay strofinerà i panni altrui tra i vapori bollenti, spesso ustionando­si. «I peggiori – racconta – erano quelli dei carcerati». Ma il peggio arriva quando le suore permettono a un medico di farla uscire un giorno alla settimana. Nessuno chiede il permesso ai genitori, anche se Lyndsay è minorenne. Quando rimarrà incinta, sarà lui stesso a farla abortire. Un trauma che ha lasciato il segno, divenuto un punto fondamenta­le nella causa legale che ha avanzato per ottenere un risarcimen­to.

Il comune denominato­re delle sopravviss­ute è la vergogna, il riserbo. Anche nel caso di Gabriela che oggi ha sessanta anni. Riesco a parlarle al telefono ma non vuole incontrarm­i, teme di essere riconosciu­ta dai figli che nulla sanno del suo passato. Era entrata in convento a quattordic­i anni, alla madre era stato detto che sarebbe andata a scuola e avrebbe imparato un mestiere. Invece è subito finita in quella lavanderia da cui si usciva soltanto se qualcuno della tua famiglia ti reclamava. Racconta la sua amica Rose, «quella delle ragazze era manodopera gratuita, le suore non le lasciavano tornare indietro facilmente». Rose è nipote di Esther Harrington, in convento ribattezza­ta con il nome cattolico di Theresa. Docile, non ha mai cercato di scappare dopo che il prete pretese che il padre, vedovo, gli consegnass­e la figlia. E così ha passato settant’anni in convento.

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A sinistra, ragazze al lavoro nella lavanderia in una foto d’epoca.
 ??  ?? Maureen Considine, 33 anni, artista e attivista irlandese.
Maureen Considine, 33 anni, artista e attivista irlandese.

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