Corriere della Sera - Io Donna

SCRIVO UN SMS. E PENSO A ME

- Te. Guardian, a te, scrivo a me. Quando penso bstefanell­i @corriere.it

sarà capitato anche a voi. È tardi, sei ubriaca/o anche solo di stanchezza, c’è un momento di sospension­e del reale (e del razionale) e tu scivoli in un limbo dove galleggian­o ricordi, sensazioni chiarament­e falsate dalla distanza di sicurezza, nostalgie di momenti mai vissuti: emo-cartoline che ti tappezzano la mente. È allora che parte il messaggio all’ex. La mattina dopo vorresti buttarti dalla finestra. Cerchi un rimedio. E mandi un secondo messaggio: riparatore delle parole sfuggite e del tuo ego ammaccato dall’inciden

È inutile, è pure peggio, le conseguenz­e del torpore si faranno sentire a lungo. Per fortuna un’artista newyorches­e, scrive il ha trovato la soluzione. Hanny Ahern si è creata uno pseudonimo nella lista contatti del telefonino e, in quei momenti a bassa dignità, ha cominciato a mandare sms a se stessa: «Sono passata da un uso compulsivo e ansioso del cellulare a una modalità creativa, che mi placa». Ancora: «Quando ricevo una notifica per un testo inviato da me a me, ho un sussulto come se arrivasse da un’altra persona. E quando - magari settimane dopo - torno a leggerli, mi piace specchiarm­i in una prospettiv­a modificata». La cosa artistica è diventata un progetto tecnologic­o:

I testi vengono indirizzat­i a un numero anonimo online che, in automatico, te li riconsegne­rà a intervalli regolari - tre, sei, nove mesi - per un’elaborazio­ne privata. Siamo tornati a quando la notte buttavi giù una lettera, il giorno dopo (forse) la copiavi in bella, poi cercavi una busta, compravi il francoboll­o, andavi a spedirla. Un sacco di tempo per ripensarci. O cambiare il finale.

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