Corriere della Sera - Io Donna
Il grande colorista GUTTUSO. INQUIETUDINE DI UN REALISMO
roma celebra Renato Guttuso con una grande mostra che ne ripercorre l’itinerario. Un’occasione per tornare a confrontarci con l’opera di una fra le personalità più ascoltate e influenti della cultura italiana del secondo dopoguerra. Un intellettuale integrato, sorretto da un profondo senso civile, impegnato in azioni tese a incidere sul corpo della società. A trent’anni dalla morte, Guttuso è stato quasi dimenticato. La retrospettiva romana ci consente di riscoprire la sua ricerca senza pressioni ideologiche. E ci fa ammirare narrazioni pittoriche che oscillano sempre tra una tentazione descrittiva di origine popolare e una notevole sapienza dottrinaria. Sin dagli esordi, segnati dall’influenza della scuola romana, Guttuso si propone di elaborare romanzi visivi legati alla tradizione della pittura italiana, con una sincera attenzione per gli episodi della cronaca. Questa attitudine si radica su un sistema di riferimenti alti, esibiti quasi con eclettica disinvoltura pre-postmoderna. Tante le citazioni: Caravaggio e Géricault, van Gogh e Courbet, Picasso e Orozco. Sapiente nel saldare riferimenti distanti - le semplificazioni dei cubisti e i cromatismi degli espressionisti - Guttuso si fa interprete di un neorealismo rivolto a offrire una testimonianza diretta della verità delle cose e delle tragedie dell’individuo. Questo esistenzialismo allegorico è sottolineato da una rara maestria cromatica, erede delle accensioni manieriste di Rosso Fiorentino e delle sensualità del secondo de Chirico. Perché Guttuso è innanzitutto questo: uno degli ultimi grandi coloristi dell’arte italiana. Sopra,