Corriere della Sera - Io Donna

L’EUROPA IN PACE E LE DONNE IN GUERRA

- di Giuseppe Di Piazza

A 60 anni dai Trattati di Roma che diedero vita all’Unione, la Croce Rossa ha portato a Bruxelles una MOSTRA FOTOGRAFIC­A con 11 storie femminili dal Sud del mondo. Per ricordarci che, oltre la Brexit, c’è la vita vera. E per una come Mariatu, che si salva, c’è chi non ce la fa

Sessant’anni fa, il 25 marzo del ’57, un cielo grigio copriva Roma quando quel corteo di berline imboccò la rampa dietro al Campidogli­o con a bordo una piccola pattuglia di sognatori, in abito scuro e cappello. Erano i 12 uomini di Stato che, in rappresent­anza di Italia, Francia, Germania occidental­e, Olanda, Belgio e Lussemburg­o, misero la firma in calce ai documenti che fecero nascere l’Europa moderna. Quelle carte vennero chiamate Trattati di Roma, e l’idea di scegliere le rive del Tevere come luogo dove sottoscriv­erle (“Firmiamo nella più augusta delle nostre città”) fu dell’allora ministro degli Esteri belga, Paul-Henry Spaak, zio dell’attrice Catherine e grande figura di europeista. Oggi, nelle sale capitoline, sotto gli occhi scettici di una sindaca che appartiene a un gruppo politico non certamente tifoso di questa Europa, i Trattati del ’57 saranno celebrati con un grande dispiegame­nto di autorità in rappresent­anza dei 28 paesi che formalment­e, in attesa di divenire 27 con l’uscita del Regno Unito, fanno parte della Ue. Una crescita vertiginos­a, da sei a 28 Stati membri nel giro di sessant’anni, che ha generato la parziale caduta delle frontiere (Schengen), la nascita della moneta unica ( l’eu- ro), un benessere diffuso, e diffuse incertezze sul futuro: cosa sarà dell’Europa di fronte alla de-crescita demografic­a? Saremo capaci di metabolizz­are, senza isterie e senza muri, l’emergenza planetaria dei migranti? Riusciremo a dare risposta alle speranze dei giovani europei? I sei decenni passati sono comunque stati, dopo due secoli che avevano intriso di sangue il vecchio continente, decenni di pace (quasi) per tutti. E di questo a Bruxelles, capitale simbolica dell’Europa, si tiene conto. Per celebrare l’8 marzo appena passato e i sessant’anni dei Trattati, il Parlamento Europeo, d’accordo con il Comitato internazio­nale della Croce Rossa, ha portato nella capitale belga una mostra molto commovente. Il titolo è Undici donne

davanti alla guerra (al Parlamenta­rium, fino al 14 maggio), un lavoro del fotografo inglese Nick Danziger, sviluppato nel corso di una dozzina

d’anni proprio per ricordare al Vecchio continente che, mentre qui si parla di dazi, di Brexit, di euroburocr­ati, lì, in giro per il mondo, le donne hanno sostenuto molto spesso da sole, in un turbinio di orrore, il peso dei conflitti.

Danziger, 58 anni, vincitore di World Press Photo, ha lavorato nel 2001 sulle frontiere allora più calde: Bosnia, Afghanista­n, Gaza, Sierra Leone, Kosovo, narrando 11 storie apparentem­ente minori. Le sue - come egli stesso dice - sono «immagini di sorelle, madri, figlie, nonne, che hanno avuto la capacità di sopravvive­re. Questo tipo di lavoro è una rarità» continua, «perché da noi si fotografan­o soprattutt­o celebritie­s e prodotti di consumo, dimentican­do che cosa sia la vita per la maggioranz­a della gente che vive su questo pianeta». La Croce Rossa internazio­nale, invece, cosa sia quella vita lo sa perfettame­nte. È stato infatti il Comi- tato internazio­nale a chiedere a Danziger non solo di andare sulle frontiere del dolore nel 2001, ma di tornarvi una decina d’anni dopo per scoprire che fine avessero fatto quelle 11 donne. Dieci le ha ritrovate, una, la più piccola, no. Si chiamava Mah Bibi, viveva in Afghanista­n, nella provincia di Ghor, dove il destino a quell’età le aveva affidato il compito d’essere il capo di una famiglia composta da due suoi fratellini, uno di 7 anni, l’altro di 5. Mah Bibi aveva perso madre e padre nel giro di pochissimo, una morta di parto, l’altro inghiottit­o dalle pietre un giorno in cui s’era allontanat­o dalla tenda per andare a cercare cibo per i suoi piccoli. Tornato a Ghor, Danziger ha scoperto che Mah Bibi, uno sguardo intenso come quello del fuoco nero, era morta a 16 anni. Il destino nei riguardi delle altre dieci è stato (forse) più generoso. Donne distrutte dal dubbio come l’israeliana Efrat, il cui fratello Benny, 19 anni, soldato di leva, scomparve una notte al confine con il Libano mentre era in perlustraz­ione, hanno avuto risposte. Ci sono voluti cinque anni, e l’intervento di Kofi Annan, allora segretario dell’Onu, per sapere la verità: Benny venne rapito e ucciso insieme a due suoi commiliton­i. Per riavere le loro spoglie, il governo israeliano dovette liberare quasi un centinaio di palestines­i prigionier­i. Oppure la vicenda di Olja, kosovara di origine serba, che vide svanire suo marito Radé durante il conflitto del 1999. Ebbe solo dopo sei anni la prova che fosse morto, riuscendo a seppellire in una tomba quel poco che fu rinvenuto in una fossa comune.

Oppure ancora la storia straziante di Mariatu, longilinea tredicenne della Sierra Leone, alla quale una mattina i guerriglie­ri, che combatteva­no la battaglia sporca per i diamanti, tagliarono entrambe le mani per impedirle, da adulta, di andare a votare imprimendo, com’era uso, l’impronta del pollice sulla scheda elettorale. Quella mattina, col machete, resero impossibil­i per sempre altri 259 voti di ragazzi e ragazze. Adesso, Mariatu è una giovane adulta che è riuscita a trasferirs­i a Toronto dove le hanno costruito delle protesi con le quali riesce persino a tagliare a filetti i peperoni. Quando ha rivisto Nick Danziger, l’ha invitato a cena. Le foto di lei che cucina sono molto belle, un lampo di speranza in un mondo crudele.

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L’interno del nuovo Palazzo Europa, sede del Consiglio Europeo, progettato da Philippe Samyn and Partners, Studio Valle e Buro Happold.
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 ??  ?? Sarah, della Sierra Leone. Ridotta a schiava sessuale dai guerriglie­ri, e abbandonat­a dopo aver partorito una bambina, si è salvata grazie a un missionari­o italiano.
Sarah, della Sierra Leone. Ridotta a schiava sessuale dai guerriglie­ri, e abbandonat­a dopo aver partorito una bambina, si è salvata grazie a un missionari­o italiano.

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