Corriere della Sera - Io Donna

STORIE DI MODA

Una t-shirt col dinosauro, una giacca con le borchie e una borsa. Per entrare a far parte di questa BAND ESCLUSIVA (e inclusiva) bastano tre oggetti. Molto attuali e molto cool

- di Gianna Greco

Sei ragazzini bruttini e “nerd”, nella Dublino degli anni Ottanta, decidono di mettere su una band musicale. Il risultato? Scoprono l’amicizia, diventano i più cool della scuola e trovano l’amore. la trama di Sing È Street, uno dei film più apprezzati del 2016 e uno dei migliori interpreti della cultura del nostro tempo. Perché oggi fare parte del gruppo è sempre più importante, lo spiega bene lo stilista Stuart Vevers: «Le nuove generazion­i non hanno lo stesso punto di vista rispetto al concetto di status. Per loro si trasforma in cultura condivisa, sapere quello che gli altri stanno guardando e identifica­rsi con le altre persone attraverso cose» che possono essere una T-shirt o un paio di scarpe. questo concetto di moda «più rilassato e naturale. Dove il lusso diventa fluido e personale» che il designer inglese ha scelto di seguire per tracciare la nuova era

di uno storico marchio statuniten­se di cui è direttore creativo dal 2007, Coach, American

house of leather (la casa americana della pelle): così è conosciuto il brand nato 75 anni fa a New York da un laboratori­o di sette artigiani e diventato una maison di successo a livello internazio­nale grazie ai suoi iconici accessori. Un’innovativa strategia aziendale, il debutto sulle passerelle nel 2015, la volontà di partire dall’heritage per allargare il campo d’azione anche all’abbigliame­nto, campagne pubblicita­rie d’impatto (firmate da un guru come Steven Meisel) e il lavoro di Vevers, tutto questo ha portato a quella che potremmo definire la “Coach gang”. Il look dei membri «non è da jet set patinato. Sarebbe facile fare collezioni di pochi pezzi a prezzi irraggiung­ibili. Quello che invece voglio trasmetter­e è il punto di vista libero e democratic­o tipicament­e americano».

Per entrare nella band basta indossare una maglia dove campeggia un dinosauro (mascotte della casa di moda) e avere almeno una giacca in pelle arricchita da borchie. Con un dettaglio che non può mancare: la borsa. «La prima cosa che abbiamo fatto è stata identifica­re le icone senza tempo di Coach, le abbiamo analizzate per capire cosa potevamo aggiungere e cambiare. In questo modo il dna non viene alterato ma si aprono strade inesplorat­e. Come nel caso di “Dinky”, una tracolla presentata nel 1973, simbolo di artigianal­ità, rivisitata fino a diventare la star della nuova collezione». Un percorso di crescita che si concretizz­a anche in una serie di importanti aperture. La più imponente nella Grande Mela con la boutique di 20.000 mq al n¡ 685 della Fifth Avenue. La più vicina a noi, e prima in Italia, quella di via Montenapol­eone a Milano: «questo negozio è unico. L’abbattimen­to dei muri ha rivelato dettagli architetto­nici originali che abbiamo deciso di mantenere». A questo punto della storia il desiderio di far parte della “Coach gang” sarà arrivato alle stelle (e strisce), ma per sciogliere gli eventuali indugi vi basti sapere che si sono già “iscritti” Selena Gomez, Winona Ryder, Jared Leto, Kate Moss, James Franco, Zoë Kravitz e molti altri.

UN DIVERSO PUNTO DI VISTA SULLA MODA, PIÙ RILASSATO E NATURALE. E UN NUOVO LUSSO CHE DIVENTA FLUIDO E PERSONALE

 ??  ?? La tracolla “Dinkier”. A sinistra, un dettaglio della collezione primavera/estate 2017.
La tracolla “Dinkier”. A sinistra, un dettaglio della collezione primavera/estate 2017.
 ??  ?? A destra e in alto, alcuni scatti dal backstage della campagna pubblicita­ria primavera/ estate 2017.
A destra e in alto, alcuni scatti dal backstage della campagna pubblicita­ria primavera/ estate 2017.
 ??  ?? Accanto, lo stilista inglese Stuart Vevers (terzo da sinistra), direttore creativo della maison americana Coach.
Accanto, lo stilista inglese Stuart Vevers (terzo da sinistra), direttore creativo della maison americana Coach.

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