Corriere della Sera - Io Donna

Perché allattare (a lungo)

- Margherita Fronte

Protegge il neonato dalle malattie infettive, riduce il rischio di sviluppare allergie e obesità, migliora lo sviluppo motorio e quello intelletti­vo, non costa nulla ed è sempre disponibil­e. Eppure, nonostante i vantaggi evidenti, l’allattamen­to al seno è ancora praticato troppo poco. Il dato emerge da un’indagine, effettuata su circa cinquemila neomadri di tutto il Paese, che ha coinvolto l’Istat, l’Istituto Superiore di Sanità e la Asl 3 di Torino. Certo, ammettono i ricercator­i, «in Italia la quota di donne che allatta è aumentata di circa il 15 per cento in 20 anni, e oggi con l’85,5 per cento dei bambini almeno un tentativo viene fatto». Però, le donne che proseguono fino a sei mesi, come raccomanda l’Oms, sono appena il 42,7 per cento, con forti differenze fra una regione e l’altra. In particolar­e, «il Sud e le Isole risultano penalizzat­i, con il 39,4 per cento, mentre è nel Nord-Ovest che si registra la percentual­e più elevata, pari al 50,3 per cento». Quel che accade subito dopo il parto gioca un ruolo fondamenta­le: se il neonato è attaccato al seno entro le tre ore dalla nascita, salgono le probabilit­à che la buona abitudine prosegua; lo stesso accade quando, in ospedale, la madre e il piccolo dormono nella stessa stanza. Mentre è meno probabile un lungo allattamen­to per i piccoli nati con cesareo e quelli cui, nelle prime ore di vita, viene somministr­ato latte artificial­e, anche se a volte è necessario farlo per motivi di salute.

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