Corriere della Sera - Io Donna
Titti e la politica dei piccoli passi
Titti (Teresa Maria) Di Salvo, 61 anni, una lunga esperienza come sindacalista. È stata la prima donna segretaria della Cigl regionale del Piemonte prima di approdare in Parlamento nel 2006. Si occupa soprattutto di temi di lavoro, e delle discriminazioni
A l lancio della candidatura alle primarie del ministro della giustizia Orlando, giovedì 23 febbraio al circolo pd Marconi di Roma, si è seduta in prima fila. Poi, alla fine, è andata a stringergli la mano: «Auguri Andrea, ti ringrazio per aver scelto di valorizzare il nostro circolo con questo evento. Però io sto con Renzi». Titti Di Salvo, bionda elegante e torinese, ex sindacalista dei bancari, arrivata alla Camera con Sel, ma ora nelle file del Pd, tiene molto alla sua origine cigiellina. Ma mentre i suoi ex segretari di confederazione Cofferati ed Epifani veleggiano lontano dal partitone sacramentando contro il jobs act, lei è restata convintamente nel Pd: «Come Teresa Bellanova, come Valeria Fedeli» puntualizza. Anche loro provenienti dalla Cgil. Forse è un fatto di donne. E di un ragionamento molto concreto e femminile sull’utilità della politica. In parlamento Titti Di Salvo ha firmato leggi rivolte alle lavoratrici. Come quella contro le dimissioni in bianco e il congedo di paternità obbligatorio. O il mantenimento del premio di rendimento durante i periodi di maternità, «la cui mancanza è una delle ragioni per le quali il salario medio di una lavoratrice è sempre più basso di quello di un collega uomo» spiega lei. Ora si sta dedicando a un provvedimento sulle buste paga: obbligare i datori di lavoro a non pagare i dipendenti in contanti, per evitare l’odioso fenomeno di buste paga formalmente regolari ma retribuzione reali più basse. Degli ex compagni sindacalisti che sono usciti dal Pd contestando le politiche sul lavoro di Matteo Renzi dice con pacatezza: «So cosa significa sventolare le bandiere. Ma in politica o si procede a piccoli passi o si rischia di andare indietro. Il punto è produrre i cambiamenti. Non raccontare quelli che sarebbe bello fare».