Corriere della Sera - Io Donna
BELLO & FATTO A MANO
Sfida tra gioielli, sedie, vasi per il primo CRAFT PRIZE indetto da una maison fondata nel 1846. Ma che ora punta a innovare rispettando le regole di estetica e funzione
Se si vuole una regola d’oro in grado di soddisfare chiunque, eccola: non tenere in casa nulla che non si ritenga utile, o non si consideri bello». Parola di William Morris, esteta e scrittore, antesignano dei moderni designer ma, soprattutto, tra i fondatori del movimento Arts&Crafts. Sviluppatosi nell’Inghilterra Ottocentesca per dare nuovo respiro proprio all’artigianalità, liberandola dal peso della Rivoluzione Industriale. Proseguendo questo viaggio nel tempo e nello spazio, a distanza di pochi decenni si concretizzava a Madrid il successo di un marchio come Loewe, egualmente dedito all’utile e al bello. Nato nel 1846 come cooperativa di artigiani pellettieri che, nel 1872, vide la nascita della prima boutique grazie a Enrique Loewe Roessberg, artigiano tedesco giunto in Spagna per esercitare la medesima professione. Dopo oltre 170 anni non si parla certo di ricordi sfocati, ma di un punto di partenza: dal quale scaturisce oggi il primo Loewe
Craft Prize. Voluto per dare luce a talenti internazionali, specializzati in diversi campi dell’artigianato, che contribuiranno a innovare la propria arte rispettando le regole di estetica e funzionalità, in chiave contemporanea. «L’artigianalità è un’essenza per Loewe. Un valore che ci ha accompagnati attraverso i secoli» spiega Jonathan Anderson, direttore creativo del brand e promotore del premio stesso. «Non la supportiamo: l’abbiamo dentro di noi, custodita nel sapere che ogni mastro pellettiere trasmette nei dettagli dei nostri prodotti. Con il Loewe Craft Prize diventa un punto d’onore promuovere anche altre specificità, dando importanza a chi non pratica solo nel mondo della moda».
Selezionati da un comitato di esperti, 26 manufatti (e finalisti) sono emersi nei quasi 4mila ricevuti da oltre 75 Paesi fra gioielli, mobili, lacche e ceramiche, metallo lavorato e tessuti. Dove con l’opera Dinosaur spicca l’italiano Lino Tagliapietra, nato a Murano, fra i maggiori interpreti del vetro contemporaneo dagli anni Sessanta. «La conoscenza e il rispetto per questa materia mi hanno sempre permesso di sperimentare. Ancora più in questo contesto, stimolato dal confronto con artisti e culture differenti» spiega l’artista. «Perché il processo creativo ha sempre la stessa matrice, d’ispirazione e invenzione. Colore e forma non sono solo la base della mia opera, ma anche della moda». Per il vincitore, annunciato il prossimo 10 aprile a Madrid, un premio di 50mila euro e un “trofeo” d’arte, realizzato dall’argentiere britannico Alex Brogden. Ma anche un posto di rilievo nel catalogo che porterà le opere finaliste in giro per il mondo con una mostra itinerante. Forte la sensibilità artistica della maison, espressa anche nel rinnovato store madrileno Casa Loewe, in un’alternanza di antiquariato inglese e opere d’arte. Ma come tutto ciò s’incontra (e scontra) con un’epoca sempre più tecnologica? «Viviamo in un mondo digitale che aumenta però il desiderio di connessione, dentro di noi e con chi ci sta intorno» conclude Anderson. «Per questo spero che Loewe diventi una piattafor- _ ma dove scoprire il nuovo, sotto ogni aspetto: custodendo insieme cultura e tradizione».