Corriere della Sera - Io Donna
INTERVISTA A MARCO CAPPATO
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Il principio per Marco Cappato è semplice: «Ritengo che lo Stato non abbia alcun titolo per impedirci di fare qualcosa se non danneggia gli altri». Parla con una convinzione a cui viene voglia di credere. La politica può essere autentica? Sparare sulla politica è facile, qui c’entra anche l’informazione. Ormai è invalsa l’abitudine di considerare politica la scissione del Pd, l’accordo con Alfano... Temi come vita, morte, malattia passano per essere cronaca. La politica è ridotta a potere anziché a soluzioni di governo su temi che toccano le persone. Vita e morte: come ha vissuto il passaggio tra teoria e pratica? Rispetto a quanto avrei immaginato, bene. Tutti, da Welby a Fabo, mi hanno sempre espresso gratitudine. Gli scontri c’erano semmai rispetto a quello che loro intendevano come un mio tergiversare. In un simile percorso c’è spazio per un dubbio? Mai un ripensamento. Ho sempre trovato persone determinatissime: il panico era anzi l’idea di non riuscirci. Mi sono sempre sentito al servizio di qualcuno che mi chiedeva soccorso. Anche se me lo chiedeva per morire. Questo aiuta? Realizzi che stai rispettando la vita, non portando la morte. Non è un’idea astratta. Ho visto la loro rabbia verso chi diceva “forse la vedono così perché sono soli, forse non li curano”. Non è così. Non è facile per una madre accettare che il figlio voglia morire, penso a Fabo: sarebbero stati contenti se ci avesse ripensato ma non ci sono state pressioni. Il vero amore è il rispetto della volontà dell’altro. Quanto pesa veder vincere l’ipocrisia? L’equivoco è pensare che la funzione della legge sia dare un ordine di preferenza morale, come se, ad esempio, legalizzare le droghe significhi promuoverne l’uso. Vale per tutto. Ma è in un rapporto regolato e libero che si crea la responsabilità del cittadino. La responsabilità va assieme alla libertà: come nei rapporti di coppia. Lei ora rischia un processo... Il codice penale prevede il reato di aiuto al suicidio, con pene da 5 a 12 anni. Comunque aiuterò altri. La difficoltà è rispetto ai tantissimi che mi scrivono solo perché sono depressi e vogliono morire. Anche per questo ottenere risultati non è semplice: chi attraversa davvero dei drammi è troppo disperato o troppo malato per unirsi, organizzarsi. Quando mi domandano: perché non esiste ancora una legge sul testamento biologico? Credo dipenda anche da questo.