Corriere della Sera - Io Donna

IL QUI E ORA

- di Alex Zanardi

Concentrat­i su quello che puoi fare oggi e fallo. Poi domani ripartirai da ciò che hai ottenuto. E così via. Passo dopo passo, otterrai ciò che vuoi». Questo ripeteva sempre mio padre. Quand’ero ragazzino non gli davo ascolto e il mio rendimento scolastico ne soffriva. Ci ho messo un po’ a capire quanto fosse importante impegnarsi nello studio. In seguito un amico disse che le sue parole incarnavan­o la filosofia giapponese Kaizen, ovvero la tendenza al migliorame­nto continuo. Fu così che mi resi conto che Dino Zanardi, di profession­e idraulico, era un grande saggio. Oggi seguo i suoi insegnamen­ti. Dopo l’incidente in pista il 15 settembre 2001 ho subito 16 operazioni e avuto sette arresti cardiaci. Sono stato in coma e non ho mai visto nessuna luce in fondo al tunnel. Quando mi sono svegliato ho cercato il lato positivo di ciò che era successo: avevo perso le gambe, ma ero vivo. Pensando alle parole di mio padre dovevo ricomincia­re da quello. E non era poco. Non avrei mai pensato di dovermi attrezzare per affrontare gli ostacoli che il destino mi ha messo davanti. La curiosità, durante il percorso riabilitat­ivo e dopo, mi ha fatto scorgere un’opportunit­à in ciò che mi stava capitando. Bisogna saper cogliere l’attimo. Avere il coraggio di tentare, anche se gli altri lo reputano impossibil­e. Bisogna chiedersi a cosa teniamo, cosa vogliamo, cosa amiamo fare. E così che l’handbike è diventata la mia passione ed è la passione che smuove le montagne. L’ambizione da sola non basta. Una volta individuat­a la propria passione invece la strada è in discesa. Anche se per fare la differenza occorrono sempre impegno e sacrifici. È così che ho vinto Mondiali e Paralimpia­di (Londra 2012 e Rio 2016). Grazie anche a mia moglie Daniela. Lei mi è complement­are: il suo dirmi di restare sempre concentrat­o su ciò che conta davvero mi ha impedito di fare errori. Sono un uomo fortunato. Felice perché amo ciò che faccio: andare in bici. Ho dei meriti, ma ho raccolto molto più di quanto abbia seminato e, se posso diffondere la luce che porto a casa ogni giorno, sono contento. Per questo mi piace andare nelle scuole, dire ai ragazzi di cercare sempre il lato positivo delle cose. Capita di prendere qualche buca, è normale, ma questo consente di apprezzare meglio la strada liscia sotto le ruote, quando arriva. A 50 anni ho lo stesso entusiasmo dei giorni in cui ho iniziato a correre in kart. Voglio continuare a gareggiare, voglio rifare l’Ironman. Poi guardo le mani di mio figlio diciottenn­e, Niccolò, così simili alle mie. Rivedo in lui me quando non volevo accettare i consigli di mio padre. E coltivo un sogno tutto mio: che diventi una brava persona.

( testo raccolto da Nicoletta Pennati)

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