Corriere della Sera - Io Donna

“LEGGO LE CARTE ALMONDO”

La più giovane protagonis­ta del Padiglione Italia ci racconta il suo “PROGETTO MAGICO”. Che associa simbologia dei tarocchi, attivismo e un’idea molto anarchica di educazione. In nome di valori universali

- di Lia eerrari foto di Alberto rinigaglia per Io donna

Ungruppodi ragazzi seduti attorno a un tavolo è impegnato nella lettura dei tarocchi. Sulle carte, al post odegli arcani maggiori, compare una nuova simbologia. C’ è La Colonia lizza zio ne. La Vulnerabil­ità. La Terra. Quanto a Standing Rock, una riserva di nativi americani minacciata dallac ostruzione di un oleodotto, non viene mai nominata. È durante le recenti proteste della tribù Lakota che Ade litaHusni-Bey ha cominciato a lavorare aThe Rea ding/ La seduta, la sua installazi­one perla Biennale d’ Arte di Venezia. Padre libico, madre italiana, un’ infanzia e un’ adolescenz­a vissute tra Milano e Bengasi (« Ma parlo malissimo l’ ar ab o...»),Husni-Bey, classe 1985, è la più giovane dei tre artisti invitati a esporre nel Padiglione Italia. La mostra acui prende parte s’ intitola Il Mondo Magico. È per questo che nel film che presentaci sono i tarocchi? Sì, il progetto è pensato per il tema del Padiglione. P erme è stata una sfida. Il mio lavoro( non solo quello esposto a Ve ne zia,ndr)v erte su temi sociali e politici e dovendo introdurre l’ elemento magi comi sono spinta oltre i miei limiti. Ho scelto i tarocchi perché mi permetteva­no di costruire una narrativa. Durante la lettura, unapersona chenoncono­sci ti aiuta a costruire

Il mio rapporto con il mercato? Anche io devo pagarmi MnB UUP $PNF in ogni lavoro ci sono problemati­che etiche F NPSBMJ %FWJ USPWBSF un compromess­o %VF JNNBHJOJ USBUUF EBM WJEFP “The Reading/La seduta”, presentato da "EFMJUB )VTOJ #FZ BM 1BEJHMJPOF *UBMJB

un racconto attorno a una questione cheti blocca e ti impedisce di proseguire. Nel caso diThe rea ding, la lettura è collettiva. Non ha a che fare con la storia personale, siamo tutti implicati in quello che succede. In un certo senso, stiamo leggendo le carte almondo. Ci spiegamegl­io? Le carte che ho disegnato rappresent­ano problemati­che ambientali legate agli scontri tranativi americani e compagnie petrolifer­e. Da una parte c’è il neoliberis­mo, che nella terra vede una fonte di profitto da sfruttare. Dall’altra, l’approccio proprio delle culturemag­iche e ritualisti­che per cui la terra è sacra evaprotett­a. Qual è il responso finale, il messaggio? Vorrei che a costruire ilmessaggi­o fosse il pubblico. Non sono il tipo d’artista chemette una scatola dentro una stanza e ti chiede di interpreta­rne il senso. E non vorrei neanche dire “questa cosa è giusta, questaèsba­gliata”, anchese l’opera ha un impronta ideologica precisa. Fornisco una serie di informazio­ni da cui ciascuno può costruirsi una sua realtà, unsuoperch­é. Unsenso. Cosa rappresent­ano lemani in silicone inmostra insiemeal video? Si tratta di oggetti usati dai ragazzi durante le performanc­e che intervalla­no la lettura delle carte. Questi esercizi, basati sul metodo del Teatro degli Oppressi, sono un modo per interpreta­re e sentire con il corpo questioni che non riescono a essere trasmesse a parole. Prima del film, i ragazzi hanno frequentat­o un workshop di tre giorni. Ila borato ripe da go ci ci sono unacostant­edi tutti i suoi lavori... Sì, l’arte per l’artenonmi interessa. Quando l’ha capito? Durante una revisione collettiva all’Accademia, ilChelsea College of Artand Design di Londra. C’erauno studente ossessiona­to dalle palle di polistirol­o. Continuava a chiedersi: devo farle rosa o verdi? Rosa o verdi? Mi sono depressa emi son odetta che dovevo allontanar­mi al più prestodalì. Finita l’ accademia, mi sono iscritta a unmaster in sociologia allaGoldsm­iths. Perché poi è tornata all’arte? È ilmiomodo di esplorare cose che per me hanno un valore. Comelapeda­gogia. L’artemi permette di esercitarl­a con grande libertà rispetto a un ambito istituzion­ale acui non mi voglio affiancare. Per esempio, non darei mai un voto a chi prende parte ai miei laboratori. I suoi punti di riferiment­o? Le teorie educative anarchiche e le pratiche di insegnamen­to innovative. Penso allo spagnolo Francesc Ferrer i Guàrdia, o all’insegnante e teorica americana Bell Hooks. O a Paulo Freire, un pedagogo e politico brasiliano. E a molti altri. Da artista-attivista, come vive il rapporto con ilmercato? Non benissimo. D’altra parte devo pensareapa­garmi l’affitto. Comein ogni lavoro, anche nel mio ci sono problemati­che a livello etico e morale. Devi capire come renderle meno distruttiv­e, trovare un compromess­o. Una cosa che faccio è dare il trenta percento dei ricavati dalle vendite dei video alle persone che hannoparte­cipato. Ilprofitto­c’è, ma cerco di dividerlo con gli altri.

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