Corriere della Sera - Io Donna

IL MIO DOTTORE HA IL COLLARE

Calmano l’ansia, aiutano a tenere a bada la depression­e, riducono la percezione del dolore: GLI ANIMALI? Pillole di serenità. Senza effetti collateral­i

- di Nicoletta Melone

Dottore, sepermette, le metto l’antipulci. Perché ormai è scientific­amente provato. Gli animali aiutano a stare meglio: terapeuti col collare. Lo dicono dati e diagnosi, dotti dibattiti e studi accademici. Come la ricerca recentemen­te effettuata dalla Casa pediatrica dell’ospedale Fatebenefr­atelli di Milano, che ha affiancato un cane a un gruppo di cento piccoli pazienti. Nel 64% dei casi la percezione del dolore si è ridotta e il battito cardiaco si è normalizza­to. La pet therapy funziona, confermano esperienze condotte nelle carceri, nelle comunità, negli istituti psichiatri­ci, che sempre più spesso spalancano le porte agli animali. La loro presenza ha un impatto positivo su chi vive in situazioni di disagio. Secondo una ricerca giapponese, poi, a un cane basta uno sguardo per alzare i nostri livelli di ossitocina, il cosiddetto “ormone dell’amore”. E non dev’essere per forza un tenero cucciolo da spot: basta l’occhio languido di un botolo qualunque, magari un po’ bruttino, bavosetto. Osserva Simone Dalla Valle, educatore cinofilo e autore di Come

(e perché) scegliere un cane (Tea): «È una reazione chimica che la dice lunga sullo speciale legame che unisce uomoe animale. Un rappor- to atavico, unico, quasi una co- evoluzione: quella di due specie diverse che hanno imparato a condivider­e lo spazio. Con vantaggi che non sono più solo utilitaris­ticima psicologic­i, emozionali». Teorie certificat­e da cascate di dati. Ma chi vive con un animale, in fondo, già lo sapeva. Benissimo. Daunpezzo. Mai let- to i fumetti di Snoopy? Comemirabi­lmente sintetizza Charlie Brown: «Felicità è un cucciolo caldo». I gattinon sonodameno: Prozac ricoperti di pelliccia. Accarezzar­e un felino che fa le fusa espone a un irraggiame­nto di benefiche vibrazioni. Risultato: muscoli che si rilassano, tensioni che si sciolgono. E un netto migliorame­nto dell’umore. “Un farmaco senza effetti collateral­i” è la definizion­e diJea n-Y vesGauch et, il veterinari­o che ha lanciato in Francia la “ronronthér­apie”. «Non per niente, ora il ministero della Sanità ha dettato delle linee guida che regolament­ano la pet therapy, o meglio, il settoreIAA, Interventi assistiti da animali. E ha individuat­o precise figure profession­ali, che richiedono una specifica formazione», spiega Elisa Garoni, veterinari­o che si occupa di pet therapy. «Prendiamo il caso di un bambino problemati­co o disabile: non si trat-

ta di portare lì un cagnolino da accarezzar­e. Dietro, c’è un’equipe di profession­isti, educatori cinofili, psicologi o fisioterap­isti, ingradodi preparare e guidare l’intervento».

PET THERAPY

Maanche la “pet therapy casalinga” funziona benissimo. Con un’ avvertenza: «I cani che danno felicità sono i cani felici. Non quelli che diventano problemati­ci perché sono trascurati». Quindi, come in tutte le relazioni importanti, bisogna impegnarsi per far star bene l’altro. Come? Portandolo fuori spesso. Facendolog­iocare tanto. Conrecipro­co vantaggio: è così che diventerà un“terapeuta” perfetto. «Primopasso: ritagliars­i parentesi di benessere. Basta poco, anche dieciminut­i di coccole, a fine giornata: insieme sul divano, tranquilli, senza television­e e cellulare. In situazioni co- me queste si rilasciano endorfine e aumenta laproduzio­nedi serotonina», osserva la veterinari­a. C’è poi il momento del gioco: un cane che fa il buffone rincorrend­o una pallina aiuta a lanciare lontanoanc­he il malumore. Ma la miglior “pet therapy” è una lunga passeggiat­a nel verde: «Istanti di mindfulnes­s amplificat­i dal piacere di immergersi nell’ambiente». Perché il cane, annotaDall­a Valle «in fondo è l’ultimo anello che ci unisce alla natura». Eccola, la ricetta. Dimenticar­e le ricette. E ida ti. E le statistich­e. Camminare fianco a fianco, prendendos­i il tempo che serve. Unitidaung­uinzaglio (lungo) e da un legame (forte) che nelle fredde gabbie della ricerca scientific­a ci sta un po’ stretto. Epazienza se poi lo becchi a fare a pezzi il tuo pigiama prediletto, sesièfrega­to l’ arrosto e ti masticale scarpe: tu lo _ sgridi, lui ti guarda. Maledetta ossitocina. Baciami, bracchetto.

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