Corriere della Sera - Io Donna
Possiamo riprenderci il piacere di invecchiare?
Inutile ricorrere a dotte citazioni perché il problema è noto: viviamo in una stagionedella cultura occidentale incui la morte è oggetto di una rimozione collettiva. Così come lo è la stagione che la precede: la vecchiaia. Parola che non si pronuncia più, sostituita da Terza Età, PienaMaturità e altre edulcoranti perifrasi.
Ma nessun giro di parole potràmai sostituire la realtà oggettiva: a uncertopunto lecosecambianoesi invecchia. Il frutto della rimozione è il bisogno frenetico di mascherarsi, di fingere un’età che è ormai alle spalle. E così succede che i settantenni finiscono per vestirsi comeifigliopersinoinipoti: stessi jeans, stessa tenuta informale, stessicolori. Generazioni scomparse, una omogeneizzazione figlia delle fiction tv, che inevitabilmente affatica chi deve stareal passo. Forse è impopolare dirlo, ma è molto meglio apparire ciò che si è, accettare i segni del tempo che passa, smetterla di vestirsi da ragazzi appassiti, sostenere il ruolo adatto al capitolo della vita. Diciamola tutta: a un certo punto, va serenamente rivendicato il diritto a invecchiare in pace, all’antica, com’è accaduto per secoli.
Trascorrerelemattinateaigiardinetti, trasferirsinella secondacasaalmare, fare i nonni a tempo pieno, leggere i libri che nonsi sonolettidagiovani, visitareiPaesistranierio, piùsemplicemente, passare il tempo davanti alla tivvù. Tutti gli ingredienti di quella che una volta era “la vecchiaia serena” non esistono più. Diamoci pace. Non esiste più la vecchiaia, almeno percomevenivaconsideratauntempo. Emenchemeno è serena, soprattuttoda quando i nonni con le loropensioni sono diventati l’ammortizzatore sociale dei nipoti disoccupati. Attenzione, non è sempre unmale. Viviamo molto di più rispetto al passato (quasi 83 anni), stiamo meglio, mangiamo più sano, quello che una volta ci uccideva adesso può non arrivare a farcinemmeno il solletico. Inquestocontesto, l’aumentodell’etàpensionabileinséepersénonsarebbeundramma, senonfosse per quel “dettaglio” - ironiche virgolette d’obbligo - che toglie possibilità di lavoroachièpiùgiovane. Ma la vecchiaia di un tempo no, quella non ci è piùconcessa. Non nei termini in cui la conoscevano i nostri nonni. Che poi, pensandoci bene, averel’obbligodiessere ancora “in campo” non è megliodellaprospettivadei giardinetti?