Corriere della Sera - Io Donna
IL FUTURO? A TUTTO SOLE
Via i pannelli in silicio, largo alle serre eco, sì al riciclo ma intelligente. Mentre i leader mondiali rilanciano l’allarme sul climate change, noi siamo andati al Centro Eni di Novara. Dove un team di ricerca prova a SALVARE IL PIANETA. E (sorpresa) me
Ilmodellino della casa del futuro è davanti ai nostri occhi: sostenibile, autosufficiente e anche bello. A pochi passi, sotto una calottina rossa trasparente cresce una pianta: è una piccola serra eco, anche questa innovativa. Siamo al Centro ricerche Eni perle Energie rinnovabili e l’ Ambiente di Novara, l’ ex istituto Don eg ani, già struttura consolidata nel settore petrolchimico, riconvertita dal 2007. Un luogo di eccellenza dove il cambiamento si crea, e in tempi compatibili con l’ emergenza climatica. Proprio pochi giorni failp residente francese Em manuel Macronh ala nci atol’ allarme :« Stiamo perdendola battaglia, non siamo abbastanza veloci» ha detto ai leader mondiali riuniti a Parigi peri lO ne P la net Summit. La lotta al riscaldamento climatico deve dare risultati ora, per salvare le prossime generazioni. Il punto è indirizzare la ricerca in modo che possa incidere nelle nostre vite. Serve pragmatismo, per ridurre le emissioni.
Le energie rinnovabili, per esempio: sono costose, ingombranti, complicate. Per questo restano (ancora) per pochi. Siamo qui a Novara per capire se, e come, èpossibile renderle più semplici e accessibili. Nel centro ricerche lavorano quasi 150 persone, per la maggior parte laureati in Fisica, Chimica, Biologia, Ingegneria. Circa il 40 per cento sono donne. Ci facciamo accompagna retrai laboratori, il cortile, l’ hangar.
Prima tappa, un piccolo museo in allestimento, che ci serve da riassunto dei due campi di ricerca: solare e biomasse. Per quanto riguarda il solare, il primo filone di studio è il fotovoltaico organico OPV (Organic Photo Voltaics). I pannelli in silicio sono rigidi, pesanti. Grazie alle competenze nel campo dei polimeri, e in collaborazione con l’Mit di Boston, a Novara hanno sviluppato delle celle solari che vengono spalmate su pellicole, come gli inchiostri nella stampa dei rotocalchi. Sono sottilissime, leggere e flessibili epossono essereutilizzate sulla carta, sui tessuti, come le tende da campeggio, o abbinate a sistemi gonfiabili per installarle in luoghi lontani. Non solo. Mentre il silicio dev’essere esposto perpendicolarmente alla lucedel sole, qui basta anche la luce diffusa. Un bel passo avanti. Esiccome il peso è bassissimo, a regime il costo sarà conveniente. Ci sono dei problemi da risolvere( l’ efficienza soprattutto, migliorabile ), mala strada èpromettente. Il secondo filone è quello dei concentratori solari luminescenti, oLSC (Luminescent solar concentrator), ovvero lastre gialle, rosse o arancioni costituite da gocce di sostanze organiche disciolte in una plastica simile a quella degli occhiali, che raccolgono la luce e la concentrano sui bordi, dove si trovano le celle solari. L’energia che si produce può alimentare sistemi permonitorare la temperatura, far funzionare una tapparella elettrica senza rompere ilmuro, e ne avanza per ricaricare smartphone e tablet. Qui, spiegano, siamo in una fase avanzata di concessione di licenza a una società commerciale. Altri usi sono nelle barriere antirumore di strade e ferrovie (possono produrre l’energia per illuminare il trattodi strada e la segnaletica) enelleserre. Attraverso le lastre rosse, alla pianta arrivala luce della lunghezza d’ onda corrispondente a quella che usa perla fotosintesi. Tutte le altre frequenze vengono utilizzate per produrre elettricità e rendere l’impianto autonomo, oltre che azero emissioni.
Terzo dei tanti progetti sul solare è la versione riveduta e corretta dello specchio di Archimede, una scoperta che ha più di 2000 anni. Nell’ edizione Terzo Millennio, inuoviCSP( concentratori solari termodinamici) sono costruiti con una tecnologia più semplice (gli specchi sono sostituiti da pellicole plastiche riflettenti) e soprattutto molto meno costosi. L’ idea di base è che possano essere anche installati nei Paesi invia di sviluppo dalla manodopera locale, in modo sostenibile. Entriamo nell’hangar, dovesi affrontano altre sfide co melo stoccaggio, cioè il cercare dimettere da parte l’ energia per utilizzarla quando serve. Un tema centrale e non risolto, ad esempio, per le auto elettriche. Quel che colpisce di più, èunimpianto pilota per trasformare i rifiuti umidi urbani in bi o olio, che poi può esserea sua volta trasformato in quelgreen diesel che costa un po’ di più ma abbatte l’emissione del particolato. E qui siamo nel secondo filone di ricerca delle rinnovabili, e cioè le biomasse. La nuova frontiera è il recupero energetico dell’umido con una tecnologia innovativa (che funziona molto meglio del compost aggio) e già in fase avanzata di industrializzazione. Soprattutto, con un occhio al Sud: è in costruzione un grande impianto a Gela. Intanto, un’ altra sperimentazione punta a trasformare gli scarti agricoli e forestali in carburante. Bio, ovviamente.
Il futuro parte anche dai campi di grano della pianura padana. Non c’è bisogno di attraversare l’oceano. L’innovazione passa da qua.
Per le biomasse, la nuova frontiera è il recupero energetico dell’umido con una nuova tecnologia che verrà testata a Gela