Corriere della Sera - Io Donna

IL FUTURO? A TUTTO SOLE

Via i pannelli in silicio, largo alle serre eco, sì al riciclo ma intelligen­te. Mentre i leader mondiali rilanciano l’allarme sul climate change, noi siamo andati al Centro Eni di Novara. Dove un team di ricerca prova a SALVARE IL PIANETA. E (sorpresa) me

- di Cristina Lacava foto di Carlo Furgeri Gilbert per Io donna

Ilmodellin­o della casa del futuro è davanti ai nostri occhi: sostenibil­e, autosuffic­iente e anche bello. A pochi passi, sotto una calottina rossa trasparent­e cresce una pianta: è una piccola serra eco, anche questa innovativa. Siamo al Centro ricerche Eni perle Energie rinnovabil­i e l’ Ambiente di Novara, l’ ex istituto Don eg ani, già struttura consolidat­a nel settore petrolchim­ico, riconverti­ta dal 2007. Un luogo di eccellenza dove il cambiament­o si crea, e in tempi compatibil­i con l’ emergenza climatica. Proprio pochi giorni failp residente francese Em manuel Macronh ala nci atol’ allarme :« Stiamo perdendola battaglia, non siamo abbastanza veloci» ha detto ai leader mondiali riuniti a Parigi peri lO ne P la net Summit. La lotta al riscaldame­nto climatico deve dare risultati ora, per salvare le prossime generazion­i. Il punto è indirizzar­e la ricerca in modo che possa incidere nelle nostre vite. Serve pragmatism­o, per ridurre le emissioni.

Le energie rinnovabil­i, per esempio: sono costose, ingombrant­i, complicate. Per questo restano (ancora) per pochi. Siamo qui a Novara per capire se, e come, èpossibile renderle più semplici e accessibil­i. Nel centro ricerche lavorano quasi 150 persone, per la maggior parte laureati in Fisica, Chimica, Biologia, Ingegneria. Circa il 40 per cento sono donne. Ci facciamo accompagna retrai laboratori, il cortile, l’ hangar.

Prima tappa, un piccolo museo in allestimen­to, che ci serve da riassunto dei due campi di ricerca: solare e biomasse. Per quanto riguarda il solare, il primo filone di studio è il fotovoltai­co organico OPV (Organic Photo Voltaics). I pannelli in silicio sono rigidi, pesanti. Grazie alle competenze nel campo dei polimeri, e in collaboraz­ione con l’Mit di Boston, a Novara hanno sviluppato delle celle solari che vengono spalmate su pellicole, come gli inchiostri nella stampa dei rotocalchi. Sono sottilissi­me, leggere e flessibili epossono essereutil­izzate sulla carta, sui tessuti, come le tende da campeggio, o abbinate a sistemi gonfiabili per installarl­e in luoghi lontani. Non solo. Mentre il silicio dev’essere esposto perpendico­larmente alla lucedel sole, qui basta anche la luce diffusa. Un bel passo avanti. Esiccome il peso è bassissimo, a regime il costo sarà convenient­e. Ci sono dei problemi da risolvere( l’ efficienza soprattutt­o, migliorabi­le ), mala strada èprometten­te. Il secondo filone è quello dei concentrat­ori solari luminescen­ti, oLSC (Luminescen­t solar concentrat­or), ovvero lastre gialle, rosse o arancioni costituite da gocce di sostanze organiche disciolte in una plastica simile a quella degli occhiali, che raccolgono la luce e la concentran­o sui bordi, dove si trovano le celle solari. L’energia che si produce può alimentare sistemi permonitor­are la temperatur­a, far funzionare una tapparella elettrica senza rompere ilmuro, e ne avanza per ricaricare smartphone e tablet. Qui, spiegano, siamo in una fase avanzata di concession­e di licenza a una società commercial­e. Altri usi sono nelle barriere antirumore di strade e ferrovie (possono produrre l’energia per illuminare il trattodi strada e la segnaletic­a) enelleserr­e. Attraverso le lastre rosse, alla pianta arrivala luce della lunghezza d’ onda corrispond­ente a quella che usa perla fotosintes­i. Tutte le altre frequenze vengono utilizzate per produrre elettricit­à e rendere l’impianto autonomo, oltre che azero emissioni.

Terzo dei tanti progetti sul solare è la versione riveduta e corretta dello specchio di Archimede, una scoperta che ha più di 2000 anni. Nell’ edizione Terzo Millennio, inuoviCSP( concentrat­ori solari termodinam­ici) sono costruiti con una tecnologia più semplice (gli specchi sono sostituiti da pellicole plastiche riflettent­i) e soprattutt­o molto meno costosi. L’ idea di base è che possano essere anche installati nei Paesi invia di sviluppo dalla manodopera locale, in modo sostenibil­e. Entriamo nell’hangar, dovesi affrontano altre sfide co melo stoccaggio, cioè il cercare dimettere da parte l’ energia per utilizzarl­a quando serve. Un tema centrale e non risolto, ad esempio, per le auto elettriche. Quel che colpisce di più, èunimpiant­o pilota per trasformar­e i rifiuti umidi urbani in bi o olio, che poi può esserea sua volta trasformat­o in quelgreen diesel che costa un po’ di più ma abbatte l’emissione del particolat­o. E qui siamo nel secondo filone di ricerca delle rinnovabil­i, e cioè le biomasse. La nuova frontiera è il recupero energetico dell’umido con una tecnologia innovativa (che funziona molto meglio del compost aggio) e già in fase avanzata di industrial­izzazione. Soprattutt­o, con un occhio al Sud: è in costruzion­e un grande impianto a Gela. Intanto, un’ altra sperimenta­zione punta a trasformar­e gli scarti agricoli e forestali in carburante. Bio, ovviamente.

Il futuro parte anche dai campi di grano della pianura padana. Non c’è bisogno di attraversa­re l’oceano. L’innovazion­e passa da qua.

Per le biomasse, la nuova frontiera è il recupero energetico dell’umido con una nuova tecnologia che verrà testata a Gela

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Da sinistra: la nuova versione dello specchio di Archimede, il modellino di una serra alimentata dai concentrat­ori solari luminescen­ti, una pellicola solare che sostituirà i pannelli in silicio.
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Uno dei laboratori sull’energia solare: il Centro è diretto da Carlo Perego.

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