Corriere della Sera - Io Donna
CI CHIAMANO “LE CORAGGIOSE”
Le Akashinga, una task force di 36 donne dello Zimbabwe addestrate militarmente, non solo COMBATTONO I BRACCONIERI (nella bassa Valle dello Zambesi in 10 anni sono stati uccisi 11.000 elefanti), ma offrono un nuovo modello femminile. Indipendente e non pi
PrimroseMazliruha 21 anni e una cicatrice sul viso. Dorme nel cuore della savana, si sposta a piedi nella boscaglia, in un ambiente pieno di insidie come la bassa Valle dello Zambesi, uno dei grandi fiumi dell’Africa. Potrebbe sembrare una“ferita di lavoro ”, quello sfregio chele taglia il labbro superiore: per forza di cose appartenere a una squadra anti-bracconaggio (per di più composta di sole donne!) implica una certa dose di rischio, specie in un Paese come lo Zimbabwe dove il tasso ufficiale di disoccupazione ruota intorno al 95% e il bracconaggio (assiemeal saccheggio delle casse dello Stato) è una dellepoche attività chiaramente remunerative. Quella cicatrice però non è il ricordo di un animale odi un bracconiere incat ti vito. Primrosen on hap aura di farlo sapere: è un regalo dell’ ex fidanzato, chela picchiava da sobrio e da ubriaco. Entrare nella squadra delle Akash ingal e ha cambiatola vita :« Now Id on’ t ne ed amant op ay mywayf orme andmychild». “Topay my way” in inglese rende bene. Guadagnarsi la strada. Lei, madre single, con gli stipendi da ranger si è già comprata un fazzoletto di terra. Microscopico, d’ accordo, ma importante co mela mimetica che indossa e il fucile AR-15 che imbraccia in addestramento. Unsegnodi indipendenza, di forzatranquilla. «Oraho il rispettodella comunità» dice. Appartenere allas quadra delle Akashinga ,“le Coraggiose ”, per Vimbai Kumire è stato un modo per dimostrare che «non conta il tuo sessoma la tua determinazione». Madre single di due bambini ,32 anni, Vimbaihavistoil marito andarsene con una donna più giovane quando era incinta del secondo figlio. Non si è persa d’ animo. La sua storia, il fisico e soprattutto la sua determinazione le hanno permesso di entra renella squadra ant i-bracconaggio di Dami en Man der, l’excecchino australiano fondatore della Internati on al Anti-Poaching Foundation( IAPF ). L’idea di formare nello Zimbabwe una squadra tutta al femminile che lotti per fermare la strage degli elefanti (30% in meno negli ultimi dieci anni in tutto il continente) viene dal vicino Sudafrica. Nel Krueger National Park sono attiveda qualche anno le Black Mamba (dal nome di un serpente dal morso letale ), una task-f or cedi donne ranger disarmate che svolgono attività di pattuglia lun---
go i confini del parco. Le Akashinga dello Ziminvece un’arma ce l’hanno: il fucile semi-automatico AR-15 è più “agile” del Kalashnikov, e più adatto al terreno del
bush.An che così, la partita donne-bracconieri può sembrare uno scontro impari. Il traffico dell’avorio è un sistema complesso e sofisticato, gestito da cartelli criminali che contano su coperture e appoggi nelle forze di sicurezza e nei governi dall’ Africa all’ Asia. Un are teche si combatte a vari livelli. Sul terreno, essenziale diventa il coinvolgimento delle comunità locali, racconta al
Guardian il professor Victor Muposhi, biologoe conservazion ista della Chinhoyi University of Technology. «La protezione dell’ambiente non implica solo creazione di posti di lavoro. Ma crescita della comunità nel suo insieme ». In questa luce, il programma Akashingaè davvero «un ostrumento di women’s empowerment » dice Muposhi «tanto più se coinvolge un gruppo di donnevul nerabilie danneggiate ». Salvare l’ ambiente promuovendo l’ uguaglianza di genere. Infondo ragazze come Primro se e Vimbai non sono molto diverse dalle femmine (in età sempre più giovane) che si trovano a guidare i branchi di elefanti (dopo che le “regine” più anziane ed esperte son ostate uccise dai bracconieri ). Nella zona della bassa Valle dello Zambesi negli ultimi dieci anni son ostati uccisi undicimila elefanti. Le aree intorno ai grandi parchi nazionali di Victoria Fall se Mana Pools sono “zone cuscinetto” essenziali perla salvaguardia della fauna. Ci vivono 4 milioni di persone. In passato, la caccia “controllata” in queste aree ha prodotto redditoper le comunità e fondiper la conservazionedei parchi stessi. Negli ultimi anni, i divieti e la crescente impopolarità del “trophy hunting” in Occidente (ricordate il caso del leone Cecil ucciso da un dentista americano ?) hanno ridotto queste fonti di reddito. Aumentando l’ appetibilità del bracconaggio agli occhi dei giovani disoccupati edelle loro famiglie.
Le trentasei donne di Akashinga mostrano una strada diversa e possibile. In cinque mesi il progetto pilota( appoggiato da finanziatori internazionali) ha portatone lle casse della comunità più del denaro che arriverebbe in una nno con la caccia controllata. Le “coraggiose” hanno superatoun addestramento da forze speciali. Solo tre hanno mollato, dice orgoglioso Damien, l’ex cecchino australiano. La loro opera di sensibilizzazione nei villaggi è importante tanto quanto la loro efficacia nel combattimento. Anche quando si tratta dimettere cibo sulla tavola. Le Akashinga sono tutte vegetariane, anzi vegane, come Damien. Come lostesso professor Muposhi, che evidenzia questo aspetto che può apparire del tutto secondario: in molte parti dell’ Africa (Zimcompreso) la carne degli animali selvatici rappresenta un elemento tradizionale della dieta. Si caccia per mangiare. Incentivare le abitudini vegetariane significa di per sé preservare la fauna. Per Dami enè stata una questione di coerenza conservazionista :« Di giorno difendevo gli animali, di sera ne mangiavo altri ».
Donne con le cicatrici, addestrate, armate, e vegetariane. Le Akashinga diventeranno un modello sostenibile, più delle sorelle Mamba sudafricane?