Corriere della Sera - Io Donna
“ITALIANI, INDIGNATEVI DI PIÙ”
Dopo vent’anni nel nostro Paese, l’attrice polacca non riesce ancora a capire l’abitudine nazionale di assuefarsi a tutto. E di cancellare la MEMORIA. Per cambiare, dice, basterebbe informarsi bene. E dedicare meno tempo a seguire frivolezze su Internet..
“Da bambina giocavo in un cimitero. Una volta ci sono andata con Dario Argento: mica potevo portarlo al ristorante”
A38 anni compiuti Kasia Smutniak ha già vissuto molte vite e non ne rinnega nessuna. Di quella attuale, daattriceormai affermata, parla poco e senza l’enfasi che ci si aspetterebbe da una star da tappeto rosso. «Mia figlia adolescente si annoia sul set, e la capisco: c’ è molta ripetitività nel mio lavoro» confessa spiazzando l’ interlocutore. Cosa che farà in tutta questa intervista, ad esempio dimostrando di avere le idee chiare sul tema delle molestie sessuali. Di quello che fa, le interessa ilmessaggio che può trasmettere, l’esperienza che può trarne. Masi capisce chela su avita è altrove, inunaltrove che sta ancora cercando .« Un giorno mi piacerebbe andare su Marte» dice. E benché rida, non si fa fatica a crederle.
Kasia, l’ultimo suo film, in uscita il 25 gennaio, diretto da Ligabue, si chiama Made in Italy. Lei è polacca ma da vent’ anni vive nel nostroPaese, si sente italiana?
Sento di appartenere alla Polonia come all’Italia. Unavol tastare nel mezzo mi andava bene. Adesso ho bisogno del mio posto: parlo di identità, di sentirmi partediunpopolo, di un Paese. Se ungi orno dovessi trasferirmi, l’ Italia farebbe parte della mi avita per sempre.
Come è cambiata l’Italia in questi venti anni?
Assai poco rispetto al mio Paese. Amo gli italiani ma faccio fatica a condividerne l’ abitudine ad assuefarsi a tutto. Che talvolta diventa incapacità di indignarsi, di cambiare per cambiare le cose. Così comemi sorprendodel fattoche il lorosenso d’appartenenza scatti solo di fronte aiMondiali di calcio.
Be’ adesso ne siamo fuori ...
Sarà l’occasione per trovare altre motivazioni... ( ride).
Dice questo perché vivendo da expat avverte di più lamancanza di un radicamento.
Lo dico perché in questomomento c’è tanta gente chenonpuònemmeno permettersi di sentirsi parte di un Paese, che è costretta a rifugiarsi altrove. Quello che mi indigna è che contro queste persone anche in Europa si erganomuri. come se non È si fosse imparato niente dal passato.
Forse perché non coltiviamo più la memoria.
Di più: la cancelliamo volutamente. Due settimane fa ero a Lodz, la seconda città dellaPolonia, dove abita mia nonna, in uno di quei casermoni vecchio regime. Difronte c’ è un cimitero ebraico: quand’ero bambina con gli amici ci andavo a giocare.
Posto insolito.
Avevamo quello, sfidavamo le nostrepaure. Tornandoci, perunfestival cui partecipava Dario Argento, ho deciso di farglielo visitare.
Scherza?
No, no. Mi calo potevo portare in un ristorante.
Giusto.
Ci siamo presentati là, ma era chiuso: ci hanno dirottati alla stazione di Radegast, il luogo da cui partivano i treni per la deportazione, che oggi ospita un piccolo museo della memoria. E lì, guardando unamappa, sono rimasta pietrificata.
Perché?
Ho scoperto, a quasi 40 anni, che la casa di mia nonna è nel bel mezzo di quello che era stato il secondo ghet-
to più grande della Polonia. Oggi il suo palazzo è dipinto di bei colori pastello e non c’è niente, niente che ricordi quella tragedia.
Eppure viviamo sommersi dalle informazioni.
Teoricamente abbiamo tutti i mezzi pervenire a capo della nostra storia. Altro chef akenews,seu no vuole, si informa, capisce. Invece per il 99 per cento del tempo cosa facciamo su Internet? Seguiamo le Kardashian!
Perché secondo lei?
Abbiamo deciso di scartare quello che ci fa star male. Abbiamo scelto la serenità: la foto del cappuccino, il gattino, il tramonto.
“Mia figlia sa gestire da sola il telefonino. Io mi sforzo di farle vedere il mondo e ancorarla alla realtà”
Co mesi regola con sua figlia rispetto al telefonino?
Lo sa gestire da sola. Iomi sforzo di farle vedere il mondo, di tenerla attaccata alla realtà. Lei manifesta curiosità e una buon ado sedi coraggio.
Nel mondo dello spettacolomolte donne stanno denunciando lemolestie subite. Che ne pensa?
Che dovremmo usare questo momentoper farepassi avanti concreti. Ad esempio, cambiando la legge che dà a chi subisce molestie solo 150 giorni per faredenuncia. Serve tempoper rielaborare il trauma.
Il clima è giusto per denunciare, ha detto l’ attrice Salma Hayek.Sec ondolei che cosa ha fattola differenza nella campagna mondiale lanciata con l’ hashtag#m et o o?
La copertina di è stata la consacrazione della battaglia. Come lo sarebbe una legge che perseguisse i processi verbali su Internet.
EinItalia?
C’èmolta strada da fare. Il ruolo della donna qui pare centrale, quasi sacro. Ma fino a quando resta nell’ alveo familiare, materno, finché abbozza e accetta. Se sgarra, viene attaccata. Primadi tuttodalle altredonne.
Nel filmdi Ligabue lei interpreta Sara, una donna forte che ama un uomo problematico, interpretato da StefanoAccorsi.
Un ruolo che homolto amato e che Ligabueha saputo disegnare e dirigere con la leggerezza e la profondità che gli sono proprie. Sara resta accanto al suo compagno che si trova in unmomento di difficoltà.
È una donna che tradisce.
Ma non per leggerezza. A guidarla è l’ istinto di cambiare per sopravvivere. A volte bisogna affrontare passaggi stretti per risollevarsi.
“Simuoreunpo’ perpoter vivere” recita la canzone diPaoloConte.
Sara inizia da se stessa e poi ha la forzadi cambiare ilmondointorno. Non serve oltrepassare gli oceani per fare una rivoluzione.
Eppure ho l’impressione che a lei piaccia andare lontano.
Enonsaquanto.
Tipo?
Se potessi, partirei perMarte.