Corriere della Sera - Io Donna
L’ISLAMSBARCA A CUBA
Di Elisabetta Rosaspina
Cuba libre, libera anche di seguire il Profeta. Sono passati quasi sessant’anni da quando Fidel Castro bandì la religione dall’arcipelago, venticinque da quando abolì l’ateismo di Stato e venti da quando aprì per la prima volta le porte al Papa, all’epoca Giovanni Paolo II, in un epocale gesto di riconciliazione con il cattolicesimo, professato dal 60% della popolazione emai completamente soppiantato dal culto del Che neppure tra i granitici rivoluzionari. Molto più silenziosamente e pressoché inosservato, anche l’Islamè sbarcato là dove non erano riusciti gli americani sotto la presidenza di John F.Kennedy;e si diffonde piano piano trai vicoli dell’Avana Vecchia ammesso, più che approvato, dal governo diRaulCastro. Il numerodei fedeli nonèufficialeeva-
ria, secondo le fonti, da quattromila a diecimila, su 11 milioni e mezzo di abitanti. Il conteggio include gli immigrati da Paesi asiatici o nordafricani e i convertiti, ma anche i figli di matrimoni misti: i primi cubani nati musulmani.In realtà, gli storici assicurano che radici islamiche affondano da almeno quattro secoli sotto le piantagioni di canna da zucchero: Rigob erto Menéndez cita nel suo libroGli di battesimo di musulmani diventati cristiani verso la fine del Cinquecento e ricorda le preoccupazioni delle autorità religiose e civili de lXVII secolo perla diaspora dei moriscos in direzione dell’isola, sebbene la maggioranza ci arrivasse in catene per lavorare nei campi dei coloni o nelle miniere di carbone.
Eppure, in 500 annidi storia, Cuba non ha mai avuto alcuna organizzazione religiosa musulmana riconosciuta, come spiega ai giornalisti Pedro Lazo Torr es, il primo (o uno dei primi) cubani del Ventesimo secolo ad avere ufficialmente abbracciato la fede di Maometto, scegliendo il ramo sunnita, cambiando il proprio nome in “Yahya”,e arrivando a presiedere la locale Lega Islamica, operativa dal 2002 e ufficializzata dal 2007 nel Registro delle Associazioni della Repubblica. Eppure il Ramadan e riti come l’Iftar, la rottura del digiuno, sono tuttora usanze bizzarre nel regno del “figlio allegro della canna da zucchero”, il rum, e del consumo, altrettanto spensierato, della carne dimaiale. Eppure il velo è indossato ancora conpudicizia, nel senso che alcune neo musulmane a volte preferiscono portarlo in casa o nelle cittadine di provincia, perché nasconderei capelli è ancora fon tedi curiosità, se non di clamore, nel centro dell’ Avana o sul M al ecón,ill ungo mare della capitale. Sulle origini di questi germogli islamici in terra laica, comunista e dispensatrice di sigari si stanno arrovel-
lando ricercatori e reporter: una delle tante risposte possibili potrebbe essere il caso di Amina. Cubana, ha sposatounindianomusulmano emigrato inCanada, si accontenta della carica di terzamoglie e attende il suo ritorno, nella convinzione che lui avrà racimolato abbastanza denaro da aprire, come promesso, una sala di preghieraaCuba, mentrelei si guadagnadaviverecon ilsuopiccolosalottocasalingodaparrucchieraaSancti Spiritus, nelcentrodell’isola. Tralesueamiche, larivelazione è arrivata anche attraverso telenovele orientali, comeKosem, la Sultana interpretata dall’attrice turca Beren Saat. Un viaggio in Venezuela invece è stato decisivo nella conversione di Saida, ora laureata inMedicina edottoressadi famiglia. Tornata aCubaha sposato nel 2008 un giovane pakistano che partecipava al programmadi formazioneinmedicinaoffertodaFidelCastroalPakistanunpaiod’annidopoildevastanteterre-
Molte donne si sono convertite grazie a una telenovela turca di successo. E ora Erdogan ha promesso una moschea nuova
moto dimagnitudo 7.6 che colpì la regione delKashmir nel 2005. Ilmatrimonio dura ancora, formalmente, ma lui è rientrato in patria nel 2015, dopo la nascita della loro bambina e dopo aver convinto moglie e suocera a seguireiprecettidelCorano. Seluinontorna, Saida intende raggiungerlo in Pakistan, ma per ora si limitano a comunicare tutte lemattine via email.
Cupido influisce molto meno sulle conversioni maschili: in molti casi è bastato il proselitismodi visitatori yemeniti, palestinesi, algerini o saharawi, oltre almigliaio di studentipakistanichehannosoggiornato nella regione, ad aprire nuovi orizzonti spirituali a una società cresciuta nella venerazione di eroi mortali e in piena astinenza religiosa. Il sodalizio, in chiave antiamericana, dell’Avana conl’Iran, e i fondidell’Arabia Saudita, chenel 2014 ha sponsorizzato i primi cinquepellegrinicubaniacompierel’Haji, ilviaggiosacro, allaMecca, hanno contribuito ad alimentare il fuoco della fede. Fino a convincere il governo, nell’estate del 2015, ad autorizzare l’apertura della prima moschea, laMezquitaAbdallah, in un vecchio palazzo coloniale pure questo convertito al nuovo compito dalla sua antica funzione dimuseo. Cubaèunesempiodilibertàreligiosahatitolatotrionfal
mente Trabajadores, l’organo del principale sindacato dei lavoratori, descrivendo l’ultimo Aid Al Fitr, la festa difineRamadan, celebrataingiugnonel centrostorico dell’Avana. Ancheseilcibohalalscarseggia, lamoschea Abdallahoraèattrezzataperfornireabitimusulmanie versionidelCoranostampateinspagnoloaRiad. Perfino laTurchiavedeinCubaunpotenzialevivaiodicredenti musulmanie, duranteunavisitaufficialedueanni fa, il presidenteRecepTayyipErdogan ha promesso in regalo unamoschea tutta nuova. Che l’imamYahya dubita saràmai realizzata. Ma, come si cominciaadireormai anche in creolo, Inshallah.