Corriere della Sera - Io Donna

IL QUI E ORA

- di Andrea Vitali

Più di una volta dai momenti difficili piccoli e grandi mi hanno salvato o comunque dato un amano a cavarmi d’ impaccio le parole, scritte o parlate. e non certo le mie e non sempre quelledi colo roche alla parola hanno affidato il senso della propria vita. parole a volte povere di un’ educazione scolastica, talvolta veri e propri innesti tra italiano e dialetto, dietro le qua lisi celava un sentire la vita senza troppi equilibris­mi intellettu­ali. Trovai questa profonda forza delle parole in ciò chemi disse troppi anni fa un amico, quando declinò col suo esuberante vocabolari­o la malinconia che lo prendeva notando il lentomorir­e del mondo contadino dentro il quale eranato e cresciuto, e conesso anche il sensodel suo tempo. così pure furono parole, scritte con incerta grafia, quelle che lessi sul biglietto lasciato da un’anziana accanto al vestito che voleva indossare per il suoultimo viaggio, un invito a rispettare anche in quel frangente la povertà dentro la quale era nata, cifra di una vita vissuta con dignità. parole che mi hanno lentamente vaccinato contro la lusinga di certe vanità emi hanno preparato all’ascolto educandomi alla lettura deis entimenti altrui. parole che nascevano dalla necessità di appagare l’ animo, e poco importava perle tasche vuote. sono le parole che mi ripeto spesso guardando “l’alba dalle rose edita“oppure seguendo il volo notturno di un aereomentr­e in sottofondo ascolto “il rumore dell’universo inespansio­ne”. a voltemi capitadi pronunciar­le a bassa voce, quasi stessi pregando. In altre occasioni mi piace rivolgerle a chimi sta intorno, coloro che nei momenti difficili mi sono accanto. sono le parole che uomini grandi e piccoli, senza differenza, hannolasci­ato dietro sé, eredità destinata a eternarsi nella memoria di chi le ha raccolte per passarle ad altri. sono le parole chemai sono cambiate emai cambierann­o, grazie alle qua lici sosteniamo per sopportare i momenti difficili in attesa che passino. come inque stamattina di febbraio quando apro la finestra. lucifero è ancora visibile, l’ inverno mi delizia col suo ineffabile profumo e lo saluto chiedendog­li la grazia di poter restare ancora un po’ in“questo albergo dove fui fanciullo” per imparare altre parole, quelle che ancora non conosco.

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