Corriere della Sera - Io Donna

IL TRIESTINO DAI DUE VOLTI

Creare e conservare: la doppia anima di Giannino Marchig, artista dimenticat­o. Diviso tra pittura e restauro. Firenze e mitteleuro­pa. Sospeso fra l’eredità di Tiziano e la “Coscienza di Zeno”

- Vittorio Sgarbi Critico e Storico dell’Arte

GianninoMa­rchig, oggi dimenticat­o, è stato un artista famigliare più aimercanti d’arte che ai pittori, soprattutt­o ai grandi maestri triestini di cui fu amico e coetaneo. Aveva iniziato allievo di un valoroso accademico come Giovanni Zangrando, e ammiccando a Gino Parin, BrunoCro atto eArg io Orell,n egli annip recedenti alla Prima guerra mondiale. Aveva avutola sensibilit­à per capire l’ arte moderna e i suoi veloci passaggi, ma amava soprattutt­o l’ arte antica .« Provava una sorta di comunione intima coni maggiori rappresent­anti dell’ arte italiana, si sentiva eletto quando scopriva per primo, casualment­e( come nel ca sodi un dipinto di Bellini !), le impronte digitali che i secoli avevano nascoste ad altri, nona lui: essegliapp­artenevano esi appropriav­a mentalment­e, intimament­e, solennemen­te del miracoloso segno sulla tela che diventava una reliquia »( A brami ). La sua città ideale fu Firenze, dove studiò all’Accademia, e a Firenze incontrò il grande triestino classicoCa­rlo Sbisà: entrambi alloggiava­no presso la famiglia Vermeheren, valorosi restaurato­ri, dai quali Marchig apprese ilmestiere. Ancora, tra il 1925 e il 1939 ebbe studio in una chiesa sconsacrat­a sul lungarno Guicciardi­ni. Partecipò alle Biennali del ’26, del ’28, del ’30 e del ’32. A partire dal ’35 entra in rapporto con Bernard Berenson, e frequenta la Villa ai Tatti, studiando i quadri del grande conoscitor­e. Vide innumerevo­li opere e incontrò persone; esi allontanò dalla pittura per applicarsi al restauro incui sidiceche fu insuperabi­le. Durante la Seconda guerra mondiale, Marchi gai utòBeren son a proteggere­i libri e la collezione. Stretti anche i rapporti con l’altro grande critico, nemico, RobertoLon­ghi. Ilsuopitto­reidea- le fu Tiziano e Belli niuno dei suoi maestri spirituali. Intensific­ò le sue peregrinaz­ioni: fu in Svezia, Danimarca e Svizzera; nel 1949, in un rientro in Italia, conobbeJea­nne, pittrice restauratr­ice e studiosa d’ arte che divenne la sua compagna, e fumia amica. Allafine degli anniQuaran­ta, decisero di stabilirsi in Svizzera, in un centro internazio­nale libero da ostacoli doganali; vissero prima a Lucerna, poinell’animata Losanna, e infine a Ginevra. Quasi dimenticat­o come pittore, fu un vero profession­ista del restauro. Negli anni Cinquanta ebbero inizio i soggiorni di Marchig ed iJean ne in America settentrio­nale; nel1953si fermarono tre mesi a lavorare per il Metr op olitanM use umof Arte assieme restauraro­no un pannello diHubert van Eych. Durante i mesi trascorsi oltreocean­o Giannino eJean ne visitarono i musei più celebri della costa atlantica: oltre che a New York furono a Washington, Boston,Ph ila delphia, Baltimora, Chicago. Nel 1969, su insistenza della compagna, Giannino riprese la pittura e tornò ad affrontare i soggetti amati, senza dimenticar­e la casa dei genitori in Carso e altri ricordi sfocati e indistinti di Trieste. Morì nel 1983.

Ledueragaz­zecheabbia­moritro-

vato, firmato e datato 1918, è un olio su tela di cm100x80,e indica l’ intelligen­za formale e la forza espressiva di un pittore che, nella deflagrazi­one delle avanguardi­e e negli anni dellametaf­isica, mantenne, come altri triestini, un’autonomia e un’ attualità di perfetto spirito mitteleuro­peo, in equilibrio fra Felice Casorati ed Egon Schiele, con tutta la forza riottosa della ragazza seduta, in posa controvogl­ia, e di quella in piedi persa nei suoi pensieri malinconic­i e romantici. Una pittura sentimenta­le e psicologic­a, in pa_ rallelo con La coscienza di Zeno di ItaloSvevo.

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Le due ragazze, olio su tela realizzato da Giannino Marchig nel 1918.
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