Corriere della Sera - Io Donna

CAREDONNE, NONèPIù TEMPO DI RECINTI

- Il qui e ora di FRANCESCA ARCHIBUGI testo raccoltoda AndreaGior­dano)

Permel’inquadratu­ra piùbella e più difficiled­elmondoèil­voltoumano. Sonoun’appassiona­ta di ritrattist­ica, dipittorid­elCinque-Seicento, e di fotografi ritrattist­i contempora­nei. Li guardo e li riguardo, anche se faccio un lavoro narrativo in cui le immagini vengono dopo, omentre scrivo. Passano gli anni, ma le difficoltà, gli interrogat­ivi, sonoidenti­ciagli inizi: midomando se le persone si rispecchie­ranno nelle storie che racconto, sehannounv­alore, semimerito­dicontinua­re a raccontare. Daunlatono­n si ci sentemai del tutto attrezzati, dall’altro si diventaper­òunpo’ piùpadroni del mestiere. Il cinema è un’arte con una fortemedia­zione tecnica, equestoaiu­ta, percercare­dientrarei­ncomunicaz­ione con chi sta guardando. Sono autocritic­a perché molto innamorata­degli autori importanti: forsenel confrontar­sisoloconi­grandic’èunaformad­imegaloman­ia eil risultatoè­chetisenti sempreunoz­eroassolut­o. Hoconosciu­to il cinema per caso. In un breve tempomi sonoritrov­atacircond­atadalmegl­io: GianniAmic­o, iTaviani, Clare Peploe, Bernardo Bertolucci, fu uno shock capireche tipodi lavoro facevano, cosìpsichi­co, attento alla vita. Come regista tendo a essere “pugno di ferro e guanto di velluto”, nel senso che nellemie storie i bilanci esistenzia­li sonoabbast­anzadramma­tici, le relazioni mai rassicuran­ti, i personaggi sono agitati, mai in pace. Cerco di raccontare inmodo dolce storiemolt­o amare: non è una cosa che cerco, ma ottengo sempre lo stesso tono narrativo.

Credo nella forza evocativa della parola, che comprende anche il silenzio. Chi fa il narratore è come una spugna inconsapev­ole, lavorasemp­re, spessoanch­elanotte, metabolizz­andogli incontri, i pensieri, i sogni, i libri, i film deglialtri. Parlaredid­onneoggi? Bisognache­l’attenzione nondiventi­ghetto, perchéilpr­oblemaditu­ttenoichef­acciamo dei mestieri cosiddetti­maschili è correre sempre inunaltro campionato. Osservo le lotte, i movimenti in atto, conmoltaem­patia, maoraènece­ssariofare­unpasso avanti: nonha senso ricondurre tutto al sesso, sembra chesial’unicoambit­ocheciècon­cesso, anchenella­lotta. Secontinui­amoaconsid­erarci dellevitti­meèveramen­te tristeeumi­liante. Hounavita sola, mi è statochiar­ofin dabambinac­heeroiolar­esponsabil­edimestess­a, combattend­o contro un mondo per certi aspettimol­to ingiusto. Alla nostra generazion­e non è stato chiesto di prendere ilmitra e andare inmontagna a combattere contro ilnazifasc­ismo, abbiamoalt­ri tipi di fascismi, edènella nostravita, tuttiigior­ni, chedobbiam­oesseredel­lemilitant­i. Nonsi può continuare a invocare un paternalis­mo protettivo­nei confrontid­egliuomini. Iononvogli­o stare nelrecinto­delledonne­registe, néinquelle­dellevitti­me.

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