Corriere della Sera - Io Donna
QUESTIONE DI IMMAGINI
La televisione sa creare anche miti inaspettati. Il più clamoroso è quel lodi Franca Leo sin i. Il suo programma, Storie maledette( Raitre), riesce a fare buoni ascolti, a strappare audience alla concorrenza, ad alimentare discussioni sui soci al. Ormail a Leo sin i è un’ icona mediatica eClaudioBaglioni l’ha voluta alFestival di Sanremo per farle analizzare il testo di Questo piccolo gran
de amore (la gag, in verità, si è rivelata alquantomodesta).
Franca Leosini è divisiva: alcun ila detestano e dico nodi cambiare subito canale; i
leosiners, invece, l’adorano. Organizzano gruppi d’ascolto e accolgono le sue frasi cult: «Non c’è tassista - dice lei - chenonmi di cadi essere mio fan. Persino il verduraio ha affisso unamia foto autografata». Come si spiega un simile fenomeno? La Leo sin i sostiene diessere interessata a quel fatale momento di passaggio in cui un normale cittadino diventa omicida ed è convinta che esistano due verità, quella umana e quella processuale. Così utilizzala seconda per sondare meglio la prima. Lo fa conun linguaggio particolare, una sorta di dannunzianesimo dei poveri (se così si può dire), una prosa che funziona in televisione mach e diventa all’ istante ridicola sullapag in ascritta. Ecco un esempio :« L’ incauto giovanotto, mentre frenando i suoi ardori lombari s’ inforca- vale mutande, co mesi giustifica con lei ?». Nella puntata dedicata all’ omicidio di SarahScazzi,l agio vane di Avet rana uccisa a 15 anni il 26 maggio 2010, ha continuato a usare espressioni di coloritura sessuale: “pietà liberata di qualche ca podi biancheria ”,“livello di affondo ”,“notte sgarbata ”,“incauta idea ”,“operazione spogliarello ”, “questuante dell’amore”, “bipede sgualcito”. Ma ecco i miracoli dellatv:lap rosa barocca, la facile sociologia( dopo pochi minuti si capisce chela colpa è sempre e solo del contesto sociale ), l’ enfasi retorica consacrata fatalmente alla vittima, il look démodé, la cofana in testa diventano subito guil
ty pleasure, una sorta di piacere proibito rafforzato dai luoghi comuni internettiani: maestra di giornalismo, icona gay, fashion icon, siamo tutti leosiners.
Certo, i suoiprogrammi si prestano alla doppia lettura: ci sono gli appassionati di cronacanera e ci sono quelli che amano la raffinatezza del cattivo gusto. Si chiama “sensibilità camp”: godere delle cose senza giudicarle. Una cosa è certa: il culto leosino si alimenta parimenti della capacità affabu latori a della giornalista e della morbosità disinibita dello spettatore.