Corriere della Sera - Io Donna
NUOVI TALENTI
Unbrand cheparlamolte lingue (come i due fondatori poco più che ventenni). E che, dall’Italia alla Cina, all’Azerbaigian, racconta storie di antiche tradizioni. Con gusto contemporaneo
Se la più grande critica rivolta oggi alla moda è la mancanza di contenuti, non si può proprio dire di Act n° 1. Il progetto degli stilisti Luca Lin e Galib Gassanoff, 23 e 22 anni, veicola un passato carico di memoria personale e di appartenenza etnica, raccontando di culture lontane attraverso il savoir-faire dell’eleganza italiana. Nato a Reggio Emilia da genitori cinesi il primo, cresciuto in una piccola comunità azera inGeorgia il secondo, Luca e Galib si conosconoaMilanodurante gli studidiFashiondesigneArt direction. Nel2016fondanoil lorobrandeva inscena il “primoatto” diuna narrazionecheliportainoltre40storenelmondo(da Bloomingdale’saLuisaViaRoma). Nel2017vincono il concorsoWho ison
next? indetto da Vogue ItaliaeAlta Roma e, il prossimo settembre, li vedremo debuttare allaMilano FashionWeek.
Determinante per il loro stile poliglotta è l’infanzia vissuta in Paesi diversi da quelli di provenienzadeigenitori. Unimprintingchegettale basiper ogni collezione. «Imiei sono appassionati di antiquariatocineseefindapiccolosonostatocircondatodaoggettiequadri
orientali» spiega Luca. Gli stessi oggetti che rappresentanolaprincipale fonted’ispirazioneperlecreazionidiActn° 1elostessomodus
operandi con cuiGalib traduce i suoi ricordi di bambino in lavorazioni jacquard: «In casa avevamotappetidell’Azerbaigiansovrapposti dappertutto». Dunque, sete e trame preziose come punto di partenza, che i designer contaminanoconglielementi tipicidell’immaginario grunge Anni ’90 attraverso un dialogo tral’eleganzaasiatica, laschiettezza del denime laseduzionedel tulle.
Una fusione che avviene direttamente sul manichino e in cui i tessuti giocano un ruolo fondamentale. Niente schizzi, ma un processo creativo esclusivamente made in Italy che inizia congli intreccidei filati a Como, le stampedigitaliinEmiliaRomagna e la realizzazione di prototipi basic fatti apposta per essere destrutturati, scomposti e riassemblati. Il risultato è l’unione asimmetrica di raffinati drappeggi chinoiserie con il cotone bianco delleT-shirt, mentre sugli abiti da sera si insinuano dettagli casual così inaspettati da confondere e incuriosire allo stesso tempo. «La prima impressione è chesi tratti di duecapi separati. Ed è questo chepiace ainegozi e colpisce i clienti» diconogli stilisti.
Un incontro di stili, oltre che di Paesi, linguaggi e heritage. Ea volteunoscontro: «Selitighiamo? Certo! Eanche spesso. Di solito ci critichiamo a vicenda, ma siamo molto contenti di avere la visione l’uno dell’altro. Due menti sono sempre meglio di una». Lanciare un messaggio multiculturale è l’intento dei due amici e colleghi chepiùdiognialtracosasembranoavercompresoilvaloredelladiversitàedel rispettoriciproco. «Se entrambi non siamo convinti di un capo, non va in produzione» concludono.