Corriere della Sera - Io Donna

ORDINI PROFESSION­ALI CONTRO LEMOLESTIE

Di Roselina Salemi

- Di Roselina ralemi illustrazi­one di Anna rutor

Sono quasi un milione e mezzo le lavoratric­i che hanno subito ricatti sui LUOGHI DI LAVORO. Per arginare la piaga, per la prima volta 100 ordini profession­ali si sono riuniti in streaming per costruire un programma di tutela

Psicologi, avvocati, giornalist­i, medici, notai, commercial­isti, magistrati. Ve li immaginate attorno a un tavolo, alleati, a decidere di fare rete contro la violenza di genere sulle donne, gli abusi, le molestie, lo stalking, il ricatto sessuale? Sarebbero una forza. Sono una forza.

Perché è successo davvero, per iniziativa di Marcella Caradonna, vulcanica presidente dell’ODEC (Ordine dei Commercial­isti e degli esperti contabili di Milano) che ha voluto l’iniziativa, ci ha creduto, ma è rimasta sorpresa dalla risposta. Dall’entusiasmo. Cento ordini profession­ali su 135 hanno aderito in tutta Italia, per un giorno si sono collegati inst reaming dal Teatro Nuovo di Milano, e poi hanno avviato iniziative sul territorio, da Sondrio a Siracusa. Hanno messo in comune le loro competenze. E, come ricorda Margar et Atwo od, una mano è più della somma delle su edita.

Intanto, perché questo invito arriva proprio dai commercial­isti? Perché siamo molto presenti nel mondo del lavoro, spiega Cara donna. Non siamo solo quelli degli adempiment­i. È importante che la collettivi­tà capisca quale ruolo possiamo avere. Affrontiam­o i conflitti all’interno delle aziende, intercetti­amo situazioni a rischio e non sappiamo a chi indirizzar­e le persone. Maltrattam­enti e violenze cominciano spesso con una situazione di dipendenza economica: una donna che non ha la carta di credito non esiste, è costretta a sottostare a ricatti e umiliazion­i. Dobbiamo creare programmi di tutela tutti insieme .

Co sì, in maniera sorprenden­te, idati raccolti e condivisi dai vari Ordini si incastrano come i pezzi di un puzzle. Combattere la violenza conviene, anche a conti fatti. I servizi medici e di assistenza alle vittime costano ogni anno 17miliardi, ed è denaro pubblico. Con buone politiche di prevenzion­e, ogni euroinvest­itone frutterebb­e nove. Nondimenti­chiamo il sommerso: soltanto il 7-10per cento delle donne denuncia. Paola Di Nicola, giudice perle indagini preliminar­i a Roma che segue da vent’ anni terribili vicende di abusi e ha anche ricevuto un premio dall’Unione Europea, spiega: Tecnicamen­te sichiamap re giudizio di genere giudiziari­o. È studiato in tutto il mondo, e un po’ meno in Italia. La metà delle denunce, già poche, viene archiviata, un’altra metà va a giudizio e soltanto il 50% si conclude con una condanna. È efficace la risposta del sistema? No. Non c’è un’adeguata formazione delle forze dell’ ordine. C’ è invece un’ idea radicata: le donne esagerano, mentono, non sono credibili in assoluto.

Questo dato è uguale ovunque, in Danimarca, in Francia e nelle Filippine. C’èun’omertà dovuta alla convinzion­e che la famiglia, per quanto disfunzion­ale, vada protetta. Pensiamo al linguaggio, ai proverbi: Tra moglie e marito nonmettere il dito o I panni sporchi si lavano in famiglia( in famiglia avvi e nel ’87 percento delle violenze ). Spesso i parenti sanno, e invitano al silenzio“per il bene dei figli ”. Maltrattam­enti anche gravi, denunciati, vengono classifica­ti nei verbali come“liti” e vanno verso l’ archiviazi­one continua De Nicola. Ho visto testimoni minimizzar­e le dichiarazi­oni della vittima, giustifica­re la “gelosia” dell’aggressore. Ho visto interrogat­ori in cui la donna finisce sotto accusa: il suo comportame­nto ha“indotto” il marito a picchiarla. Esistono indici già studiati dagli esperti sull’alta percentual­e di rischio, mapo chili conoscono. Bisognereb­be cercare un codice come con l’antimafia, le droghe, i reati contro l’ambiente, inmodo che i medici del pronto soccorso, le forzedell’ ordine, imagistrat­i (civili, penali, tribunale deiminori) si parlino tra loro. Ed è quello che stiamo cercando di fare. Affrontare il tema culturale prima di quello giudiziari­o.

Ai giornalist­i toccherà usare meglio le parole. Uccide la moglie in un raptus di gelosia . Pazzo di rabbia, spara alla fidanzata che voleva lasciarlo . Perde la testa e accoltella l’ ex compagna sotto casa. Le cronache de ife mm in i ci di( uno ogni tre giorni nel 2017,1740 donne ammazzaten­e gli ultimi dieci anni, il 71,9 percento in famiglia) sembrano scritte dalla stessa persona. Invece è il sistema ascriverle. Tutti deplorano, ma in realtà ci sonotante sfumature di tolleranza, tra cui l’ attenuante classica del momento di follia ”. Prendiamo Marie Trintignan­t, massacrata dal compagno Bertrand Cantat, leader dei NoirDésir. Di lei si sottolinea­va la vita privata “molto irrequieta” (quattro figli da tre padri diversi), di lui l’impegno a favore dei sans papier. Prendiamo Oscar Pistorius, campione sudafrican­o nonostante l’handicap, che ha sparato (per errore) alla fidanzata. Aver ucciso l’ha reso addirittur­a più umano, ha messo inmostra le sue fragilità. ReevaSteen­kampè stata dimenticat­a. In Italia ci sono storie analoghe senza nomi famosi.

Mail coordiname­nto è partito, i notai vigilerann­o perché gli impegni presi dagli Ordini e i protocolli firmatisi ano rispettati. Non finisce qui, assicura Marcella Cara donna. Questa è una rete, la retenonè soltanto Internet

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