Corriere della Sera - Io Donna

Guadagnano ancora la metà dei loro colleghi

Ma non c’è solo differenza economica. Anche per i diritti, la strada resta lunga

- Massimo Murianni.

in italia tutte (tutte!) le donne sportive a tempo pieno, ma anche la maggior parte degli uomini, sono dilettanti. federica Pellegrini? dilettante. Sofia Goggia? dilettante. valentino rossi? dilettante pure lui. Come è possibile? «È il risultato della legge che regola i contratti degli atleti», dice a Io Donna Luisa rizzitelli, presidente di assist, associazio­ne nazionale atlete, ex pallavolis­ta. «È una legge vecchia che andrebbe riscritta. Ha portato a creare un sistema che a nostro avviso è ingiusto e anticostit­uzionale, perché discrimina­nte». La legge (numero 91 del 1981) prende atto che esistono atleti profession­isti, cioè uomini e donne che hanno fatto dello sport il loro lavoro, e getta le basi per regolament­are i contratti subordinat­i in ambito sportivo. Poi però lascia al Coni e alle singole Federazion­i il compito di stabilire quali discipline siano profession­istiche. «a oggi», riprende Rizzitelli, « solo quattro sport, su 54 riconosciu­ti, sono profession­istici: calcio, basket, golf e ciclismo. E anche qui le donne restano dilettanti». Una doppia discrimina­zione che si aggiunge a disparità di trattament­o economico. Difficilis­simo anche perché da i club quantifica­re, che operano nel dilettanti­smo non sono tenuti a depositare i contratti. in media si stima che i guadagni delle atlete siano la metà, se non di meno, di quelli dei colleghi. nel calcio, caso limite, le giocatrici hanno un tetto salariale imposto dalla Lega nazionale dilettanti di circa 28 mila euro all’anno. «È innegabile che il calcio maschile porti più soldi di quello femminile», precisa Rizzitelli. «il punto è che le Federazion­i pagano diversamen­te gli atleti e le atlete azzurre delle nazionali. Sono diversi i premi riconosciu­ti, e sono La solo battaglia per diversi il riconoscim­ento della i rimborsi assist spese». non della è parità di trattament­o tra uomini e donne, ma per l’estensione alle sportive (e agli sportivi) di garanzie e diritti dei lavoratori: la malattia, i contributi, il Tfr, la maternità... «nella mia carriera ho visto firmare contratti con clausole di non maternità: se fai un figlio sei fuori», dice Rizzitelli. Un primo segnale positivo è arrivato dall’ultima Finanziari­a: il ministro dello Sport Luca Lotti ha inserito un fondo che garantisce 1000 euro per cinque mesi di maternità alle atlete.

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