Corriere della Sera - Io Donna

LEGGE 194: A CHE PUNTO SIAMO

Mentre in Irlanda si vota per legalizzar­lo, in Italia l’aborto, introdotto 40 anni fa, è ancora molto discusso. i consultori sono sempre più rari e le opzioni farmacolog­iche poco usate. Abbiamo ascoltato le ragioni dei sostenitor­i e degli obiettori

- di Elena Meli

Sta per entrare negli “anta”, ma non tutti le faranno gli auguri per il compleanno: la legge 194 è stata approvata il 22 maggio di quarant’anni fa, eppure ancora oggi provoca scontri. Perché anche se fin dal nome parla di “norme per la tutela sociale della gravidanza” ha reso legale l’aborto nel nostro Paese. E torna ora alla ribalta non solo per la cifra tonda, che impone un bilancio dei quattro decenni trascorsi, ma anche perché la legalità dell’interruzio­ne volontaria di gravidanza è in questione proprio in questi giorni nell’iper-cattolica Irlanda.

Il 25 maggio nell’isola si voterà per decidere se abrogare l’ottavo emendament­o della costituzio­ne, una legge varata nel 1983 che stabilisce pari diritti per madre e feto e consente l’aborto solo in caso di pericolo di vita per la mamma. Chi vincerà? Difficile fare pronostici in un Paese dove il fronte antiaborti­sta è molto forte (al punto che parecchi hanno visto come un “tradimento” la posizione di Bono degli U2 a favore della possibilit­à di scelta) e in cui però la voce dei cattolici, decisivi negli anni ’ 80 per inserire il divieto di aborto fin nella costituzio­ne, ora è più flebile dopo gli scandali che hanno scosso il clero.

sono diminuiti, Ma Manca la prevenzion­e

In Italia la legge non è in discussion­e, ma certo è discussa. Anche se un dato pare assodato: da quando è entrata in vigore gli aborti sono diminuiti di più del 60 per cento in numeri assoluti, più del 50 per cento se si considera il

in passato vi ricorrevan­o di più le donne sposate con almeno due figli, oggi sono soprattutt­o le single a fare questa scelta

rapporto fra aborti e nuovi nati. In passato vi ricorrevan­o di più le donne sposate con almeno due figli, oggi sono le single afare questa scelta dolorosa perché molte, precarie sul lavoro e negli affetti, pensano di non potersi permettere il “lusso” di avere un bimbo. Un dato che fa riflettere su quanto abbia davvero funzionato la parte della legge cheparla di “tutela sociale della gravidanza”. «Laprevenzi­one dell’aborto potrebbe essere migliorata: aver tolto la gratuità ai contraccet­tivi, per esempio, è stato un passo indietro » osserva Elsa Viora, presidente dell’associazio­ne ostetrici ginecologi ospedalier­i (AOGOI). «Lo stesso vale per i consultori: ne servirebbe uno ogni 20 mila abitanti, ne abbiamo la metà. E oberati di lavoro perché si occupano anche di altro, dagli screening tumorali all’assistenza pediatrica: sono attività essenziali, che però tolgono risorse al sostegno della maternità».

«I consultori dovrebbero aumentare» interviene Alessandra Kustermann, direttore dell’unità di Pronto soccorso ostetrico ginecologi­co alla Mangiagall­i di Milano. «Sono essenziali, la donna vi può trovare i medici, ma anche un supporto psicologic­o e gli assistenti sociali. Qualche forma di aiuto a chi decide di portare avanti la gravidanza è prevista dallo Stato e in alcune Regioni, ma bisognereb­be fare di più» ( vedi anche riquadro qui sotto).

una realtà disomogene­a

Chi decide di abortire trova davanti a sé un percorso a ostacoli? Stando agli ultimi dati ufficiali del ministero della Salute, aggiornati al 2016, le liste d’attesa sono mediamente brevi e poco più di una su dieci deve aspettare oltre tre settimane dal momento del rilascio del certificat­o di richiesta da parte del medico (una settimana di attesa è indispensa­bile per legge). Sono poche, meno del 10 per cento, le donne che devono andare lontano da casa ad abortire e solo tre le Regioni dove le strutture in cui è possibile farlo sono meno del 30 per cento del to-

i consultori sono pochi e si occupano anche di altro. così si tolgono risorse al sostegno della maternità

tale: succede nella Provincia autonoma di Bolzano, in Campania e in Molise, dove ha fatto scalpore la storia di Michele Mariano, unico ginecologo non obiettore in tutta la Regione. Già, l’obiezione di coscienza: in crescita continua, oggi si attesta intorno al 70 per cento dei ginecologi. «Questo però è il valore medio, la realtà è parecchio disomogene­a (accanto all’emilia Romagna in cui gli obiettori sono uno su due, per esempio, c’è la Basilicata dove si sfiora il 90 per cento, ndr) » fa notare Viora. «Anche per questo è stata proposta una mappatura più precisa per capire dove sono le criticità e garantire a tutte le donne gli stessi diritti e ai medici il diritto di obiezione».

una pillola Che Divide

Un diritto sarebbe anche la possibilit­à di ricorrere all’aborto farmacolog­ico con la RU 486: in Italia oggi si impiega in poco più del 15 per cento dei casi, negli altri Paesi europei (escluse ovviamente l’irlanda e Malta dove l’aborto è ancora illegale) i tassi sono molto più alti, in Francia per dire si veleggia intorno al 50 per cento. Perché? «Un motivo è senz’altro lo scarso tempo a disposizio­ne per utilizzare la pillola abortiva» sotto

linea Viora. « In Italia il limite è sette settimane, in tutti gli altri Paesi è stato alzato a nove perché i dati raccolti negli anni hanno dimostrato che non ci sono rischi clinici fino al 63° giorno di gravidanza: con tempi così stretti non c’è mododi riflettere, per tante donne quando la decisione è presa è troppo tardi per il farmaco».

La pillola non è una scorciatoi­a, perché non cancella la sofferenza di una scelta che per nessuna è facile, mai. «L’aborto farmacolog­ico dà meno complicanz­e, ma il percorso può essere più duro da affrontare rispetto a un intervento in anestesia a cui non si partecipa attivament­e. Servono più giorni perché l’aborto avvenga, non tutte riescono a tollerarlo», dice Kustermann. Tuttavia è una possibilit­à a cui le donne dovrebbero poter accedere: anche per questo in Lazio e Toscana si sta provando a somministr­are il farmaco attraverso i consultori. «Passare dal regime di ricovero a quello ambulatori­ale è clinicamen­te sicuro, potremmo farlo», osserva Viora. Non sarebbe una deriva verso l’aborto “facile”, semmai un modoper accogliere le donne in unambiente più attento dove per esempio ci siano anche psicologi. Ora, per non restare in ospedale per i circa tre giorni necessari alla procedura (ma a tante serve più tempo perché l’aborto sia completato e quindi tutto si conclude comunque fuori dalla clinica), le donne firmano le dimissioni volontarie e vanno a casa. Da sole.

la media nazionale degli obiettori è molto diversa: in emilia Romagna sono uno su due, in Basilicata si sfiora il 90 per cento

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altre due immagini di manifestaz­ioni, a dublino, pro (qui sopra) e contro (in alto) l’aborto: il referendum nella cattolica irlanda si svolge il 25 maggio.
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sopra, natalya o’flaherty, una partecipan­te alla manifestaz­ione per la libertà di scelta organizzat­a
da rosa, il movimento femminista irlandese.
Manifestaz­ioni a dublino pro e contro l’aborto. Qui sopra, natalya o’flaherty, una partecipan­te alla manifestaz­ione per la libertà di scelta organizzat­a da rosa, il movimento femminista irlandese.

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