Corriere della Sera - Io Donna
FRANCESCO MONTANARI
“il denaro però non c’entra, mi riferisco all’accessibilità: chiunque può incontrarmi, non ho filtri” dice francesco montanari, il “libanese” di “romanzo criminale” appena premiato a cannes - al festival delle serie tv - per “il cacciatore”. e qui racco
Montanari, perché quando ha vinto a Cannesseries ha gridato a sua moglie “ti amo” anche se lei non c’era? «Mi è venuto così... È stato un momento talmente bello che ho voluto dedicarlo alla persona con cui condivido tutto: tempo, gioie, dolori». e pensare che sua moglie, la conduttrice radio-tv andrea Delogu, dice che non è romantico. la vittoria di cui parla Francesco Montanari è quella ottenuta lo scorso aprile a
Cannesseries, nuovo festival internazionale dedicato alle serie tv, come migliore interpretazione per Il Cacciatore, fiction di raidue trasmessa da poco e ispirata al magistrato del pool antimafia alfonso sabella (arrestò leoluca Bagarella e altre centinaia di mafiosi negli anni novanta). Prima Montanari era stato il libanese, “l’ottavo re di roma” in
Romanzo criminale - La serie.
Adesso? Qualche serie americana?
Magari. contatti ce ne sono. sto studiando l’inglese.
Egirando unfilmitaliano tratto dal romanzo di Pino Corrias Dormire- modavecchi, sul lato oscuro e grottesco del cinema.
Per promuovere un film orrendo, un produttore senza scrupoli si inventa la sparizione dell’attrice principale. solo che poi l’attrice sparisce davvero. e allora entro in scena io, commissario con desiderio di vendetta.
Nel libro il mondo del cinema è popolato di gente disposta a tutto. Conosce persone così?
no per fortuna, o almeno non così estreme. Ma devi avere tanto pelo sullo stomaco, pazienza e forza di volontà per riuscire. comunque la domanda che la sceneggiatura pone è: per soldi e bella vita che cosa sei disposto a fare? oafarti, anche. Perché gli squali lasciano alle spalle i morti. ce la faranno a sostenere quel peso? nel film arriva il momento in cui la coscienza bussa alla porta.
Nella realtà arriva, questo momento?
Dipende dalla sensibilità individuale. io nonpotrei maimettermi in quel tipo di dinamiche, nasco divorato dai sensi di colpa. Figuriamoci se dovessi usurpare la dignità di qualcuno per guadagno.
Esistono ancora produttori che inventano storie assurde per farsi pubblicità?
Il mondo è cambiato, sui sociale su internet l’ esposizione è talmente forte ... per farsi conoscere non ci sono più eventi speciali, c’è la quotidianità.
Usa molto i social?
All’inizio ero riluttante, per pigrizia e per scarsa conoscenza del mezzo. Ma sarebbe sciocco non approfittarne. Se mi fossi impegnato dai tempi di Romanzo criminale avrei milioni di follower. Sono stato un po’ snob e un po’ incapace. Oggi non esiste più, almeno in Italia, il divismo inteso come “l’inarrivabile”, paradossalmente funziona il “siamo uguali”: il pubblico mi segue come fossi un fratello, apprezzano me come io posso apprezzare loro nei loro settori. Mipiace questo scambio affettivo.
Il suo profilo twitter è “Francescodaje”, può tradurre?
Sono di Roma... È un’esortazione tipo never give up: non molliamo, facciamo sempre cose belle.
C’è scritto anche “attore low cost”: vuol dire che la pagano poco?
No, il denaro non c’entra, mi riferivo all’ accessibilità: se qualcuno vuole incontrarmi può venire nel teatro in cui recito e ci parliamo (è stato in Uno
Zio Vanja diretto davinicio Marchioni, riprenderà a gennaio, ndr).
Miriam Dalmazio, sua moglie nel
Cacciatore, ha detto che è bravo a nascondere i suoi lati oscuri. Quali sono?
“Sono il peggior sabotatore di me stesso. Sto lavorando al problema con le sedute di psicoanalisi”
Ha detto così? Mannaggia a lei... Non lo so, ci lavoro da quattro anni con l’analisi. Sa quando si dice che il peggior sabotatore di te stesso sei tu? Ecco, io ce l’ho ’sta cosa. Voglio sempre arrivare a ottimi risultati, come uomo, marito, lavoratore. E sapete perché? Per dimostrare a me stesso che valgo.
Non ne è sicuro?
Alla fine sì, madentro dentro. Sto cercando di capire. L’analisi è una meraviglia, un’ora alla settimana in cui stacchi tutto, respiri e parli. Lo consiglio a chiunque, non è un percorso curativo ma di crescita interiore.
Perché ha iniziato?
A trent’anni ho avuto una crisi esistenziale. Sono scappato negli Stati Uniti per due mesi. Volevo stare da solo, immergermi in un’altra cultura. Ho fatto il primo bilancio della mia vita, ero in una fase di trasformazione da ragazzo unpo’ cresciuto a uomo, e questo mi ha destabilizzato. Tra l’altro ha coinciso con l’incon- tro con Andrea. Sentivo di amarla tanto ma non riuscivo a starci insieme perché non mi sentivo bene io. Lei? Una grande, ha capito.
Quando è andato via l’aveva già conosciuta?
Sì, prima di partire. Ci frequentavamo. Appena atterrato a Los Angeles ho cominciato a chiamarla tutti i giorni. Lì mi sono reso conto che volevo lei. Però sentivo lo stesso il bisogno di stare lontano da Roma e da certe dinamiche per un po’.
Quali dinamiche? Di lavoro o personali?
Tutte. Vivere sempre nello stesso posto hamolti vantaggi, conosci chiunque. Ma ci sono anche dei “contro”. Se non sei strutturato, se soffri tanto il giudizio di te stesso...
Anche degli altri, forse?
Soffro il giudizio degli altri perché è lo specchio del mio senso di inadeguatezza.
Due anni di matrimonio hanno cambiato qualcosa nel rapporto tra lei e Andrea?
Convivevamo da tre anni e pensavo, cosa vuoi che cambi. Invece dalla sera stessa delle nozze è come se il nostro legame avesse acquisito una concretezza diversa; come se stessimo costruendo qualcosa mattone dopo mattone.
La prima volta in cui l’hai vista?
Ci ha presentati un amico. Andrea non abitava ancora a Roma, stava registrando una trasmissione per la tv. Le abbiamo fatto un’imboscata, lei era in un locale con un’amica, mi ha detto solo “Ciao, Andrea” e se n’è andata. Poi abbiamo ballato tutta la notte, ci siamo divertiti tantissimo, l’ho corteggiata. Mi ha fatto sudare non sette, ma 27 camicie. Sua madre diceva: “Non ha speranze”.
Prima raccontava di essere divorato dai sensi di colpa. Perché?
Non lo so. Quando lo scopro la chiamo e glielo dico, promesso.