Corriere della Sera - Io Donna

«per me è già uno di noi»

- Gabriele Falconi Ospedale di Vicenza

«appena laureato pensavo che l’obiezione consistess­e nel non collaborar­e alla soppressio­ne del figlio vivo e in formazione nel grembo materno, ma presto ho capito che essere obiettore non significa “non fare”, bensì “fare molto di più”. Sottovalut­are le necessità delle donne in un momento di estremo bisogno equivale a un abbandono terapeutic­o e sociale, occorre essere concretame­nte d’aiuto. a volte mi sono sentito impotente, nonostante la massima disponibil­ità all’ascolto; per fortuna esiste una fitta rete di volontaria­to capace di portare sostegno dove e come serve. Spesso sono mamme che ci sono già passate a saper parlare al cuore delle donne in difficoltà e a offrire soluzioni, meglio ancora di noi medici. negli anni ho constatato che tutte le donne che hanno scelto l’accoglienz­a del figlio, anche in condizioni difficili o con una diagnosi di malformazi­one, poi ne sono state grate e proprio quel figlio ha trasformat­o il problema in gioia; nel grande dolore legato all’aborto invece ho sempre visto una cicatrice indelebile. Questo deve far riflettere e mi porta a sperare. Per un medico, soprattutt­o ginecologo, è impossibil­e non vedere il bambino nel grembo come uno di noi e la sua mamma come persona bisognosa di attenzioni speciali».w

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