Corriere della Sera - Io Donna

I giovani che si fanno strada hanno conosciuto la vicinanza di genitori e affetti

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colleghi, amici. Esisterà quella giusta? È il dilemma del porcospino raccontato da Arthur Schopenhau­er: anche quando sentono freddo, scrive il filosofo, non possono avvicinars­i per scaldarsi perché hanno gli aculei e si fanno male. «È un dilemma che ci sommerge e diventa paradosso» precisa Rolf Sellin, psicoterap­euta e autore di Le persone ferite sanno ancora volare (Feltrinell­i). «I giovani che sanno andare lontano per farsi la loro strada sono quelli che hanno conosciuto la vicinanza di genitori e affetti. La distanza esige però una buona comunicazi­one: se non spiego di quanta ne ho bisogno, non la rispetterà nessuno».

Susan Green, impiegata che vive a Londra, è la protagonis­ta di La felicità del cactus (Feltrinell­i). Le spine dei cactus di cui si prende cura sembra proteggano anche lei. «È il suo modo di sopravvive­re a un’infanzia vissuta senza amore» racconta l’autrice, Sarah Haywood, che con Susan condivide un passato con un padre alcolista. «Quando ero piccola non invitavo a casa nessuno perché mio padre beveva. Mi isolavo. Crescendo ho rimodulato tutto. Con la gravidanza, e poi con la maternità, il mio mondo è diventato enorme e a portata di mano. Basta un pancione per ricevere sorrisi di sconosciut­i in strada o un passeggino per diventare amica di madri meraviglio­se» aggiunge.

E se invece confidenze, videochiam­ate, social, regali e risate fossero troppo? Quattro confession­i di chi ha cercato di prendere le “giuste” distanze da amici, partner, colleghi e genitori.

“in coppia, ognuno a casa sua: è una questione di sopravvive­nza”

44 anni, giornalist­a, scrittore ( Con i piedi ben piantati sulle nuvole, Rizzoli, è il suo ultimo libro), ha divorziato nel 2010 dopo sette anni, non ha figli per scelta (per ora) e da anni ha relazioni brevi e divertenti.

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