Corriere della Sera - Io Donna
L’inarrivabile ironia della signorina snob
franca Valeri ha compiuto da poco 98 anni ed è bello poter celebrare la più grande attrice italiana vivente. Franca Norsa (questo il suo vero cognome, mentre quello d’arte è un omaggio al poeta francese Paul Valery) ha basato tutto il suo lavoro sull’ironia e sulla satira, regalandoci tanti piccoli capolavori. Milanese, diventata poi romana d’adozione, ben presto deve cercare e trovare in se stessa la forza d’animo per affrontare il duro periodo delle leggi razziali.
Finita la guerra, esordisce col Teatro dei Gobbi, poi - avendo ormai chiarita la sua vocazione di attrice comica («Non farò mai Giovanna d’arco») - inventa per il varietà i formidabili personaggi della signorina Cesira, della signorina Snob, della “Sora Cecioni figlia della sora Augusta maritata Cecioni”: tre donne che al telefono portano in scena difetti, luoghi comuni, modi di dire della nostra comunità. Ha partecipato a numerose serate di Studio Uno e ai varietà Le divine (1959), Le donne balorde (1970), Sì vendetta ( 1974), A modo mio (1976) e Studio ’80 (1980). Nel 1993, dopo una lunga assenza dai teleschermi, è tornata nella trasmissione di Raitre, Magazine 3; nel 1995 è stata coprotagonista con Gino Bramieri della sitcom di Canale 5 Norma e Felice, e l’anno seguente ha interpretato il ruolo di una bidella nella serie di Canale 5 Caro maestro. Come ho già avuto modo di affermare, il mondo dello spettacolo dovrebbe farle un mo- numento, per tutta la strepitosa intelligenza, l’ironia acuminata, la grande sapienza che la Valeri ha sempre profuso: una voce salutare, grazie anche alla sua prosa amara, appena mascherata da un sorriso d’intesa. In un’intervista la Valeri parla di ironia e di felicità: «Non c’è modo di sapere dove si posi, la felicità. Io ormai la trovo soprattutto nei libri perché persino Manzoni conosce l’ironia. Larisata poi è misteriosa. Ancheperché in fondo poche cose fanno ridere davvero».
E noi la possiamo trovare in un suo meraviglioso libro: Bugiarda no, reticente ( Einaudi, 2010). Leggendolo, si resta abbagliati da tanta intelligenza.
Non c’è pagina, non c’è riga, non c’è ricordo, per quanto camuffato, che nonsi disponga in un incantevole autoritratto: «La cosa curiosa è che la gioventù nei suoi migliori rappresentanti (i malriusciti ci sono sempre stati) non sembra generata da questo pressapochismo organizzato. C’è negli ascoltatori delle mie ballate un interesse nostalgico per tempi che non hanno vissuto. Infatti io non li invidio, ma li amo. Facendo per questi ragazzi non più di una master class di un paio di settimane saprei portarne alla speranza alcuni, alla sicurezza molti di più».