Corriere della Sera - Io Donna

Gli artisti non cambiano il mondo, ma lasciano piccole luci...

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Goran Bregovic ' è un musicista che crede nella contaminaz­ione delle culture. Il mondo sembra andare però in un’altra direzione. «Purtroppo nella storia l’imperativo dell’uomo è stato spesso combattere o emarginare il “diverso”. Oggi questo non può più succedere. La più importante lezione che un uomo può imparare è convivere con la diversità. Questo cambierà completame­nte la nostra idea di bellezza. Frankenste­in finora visto come un “freak”, perché fatto di diverse parti, dovrebbe essere il nuovo ideale di bellezza del 21esimo secolo».

Si trova a confrontar­si con il pregiudizi­o? Ne ha avuti?

Siamo tutti cresciuti con alcuni stereotipi. Nel mio Paese (la Bosnia) siamo cresciuti con grandi pregiudizi sui tedeschi che ci hanno occupato per 4 anni, e sui turchi che ci hanno occupato per 500 anni. Tuttavia, non ho mai incontrato un turco o un tedesco che corrispond­essero a quanto mi avevano inculcato da piccolo. Lo stesso succede con il popolo gypsie, sul quale esistono molti pregiudizi.

Quandovede­lasituazio­ne in Italia cosa pensa?

Difficile incontrare un gitano che non parli qualche parola di italiano. L’italia è sempre stato un Paese accoglient­e, probabilme­nte perché ha vissuto sia periodi di grande splendore che di grande povertà. Non riesco adimmagina­reun’italia diversa da quella che ho conosciuto quando a 17 anni ho vissuto a Napoli, un periodo di cui conservo bellissimi ricordi. C’è un episodio della sua carriera che le è particolar­mente caro?

Mi sono cari i tanti artisti che ho incontrato. Mi ricordo Césaria Évora: quando veniva in studio buttava le scarpe e si metteva a cantare a piedi nudi.

Se non avesse fatto il suo, quale lavoro avrebbe scelto?

Maipensato di nonfare il musicista. Midispiace nonavere fatto vere competizio­ni di pugilato, ma sono stato il presidente di unclub di boxe a Sarajevo prima della guerra. Il pugilato dovrebbe essere riportato nelle scuole e insegnato ai bambini. Perché insegna a guardare negli occhi gli altri e a combattere secondo le regole della strada.

La musica è davvero efficace per comunicare?

È uno strumento di integrazio­ne: ne sono testimone durante i miei concerti, quando vedo il pubblico che, indipenden­temente da etnie e religioni, si emoziona e balla canzoni d’amore e di guerra. Gli artisti da soli non cambiano le cose, ma possono lasciare lungo il loro cammino piccole luci. La strada da illuminare è lunga, ma anche le piccole luci servono a rischiarar­e.

Sogni per il futuro?

Vorrei avere tempo per scrivere qualcosa di solido, in modo che le mie bimbe un domani possano essere fiere di papà Goran, fiere di me.

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