Corriere della Sera - Io Donna
Maschile o femminile?
Quando qualcuno mi chiede perché mi firmo “direttrice”, mi piace rispondere, facendo la misteriosa: “Perché, non si vede?”. Se mi scrutano con aria ancora più interrogativa, proseguo: “Non ho i baffi, mi pare”. Se lo sconcerto cresce, spiego: “Sono una femmina, speravo si vedesse”. E poi sorrido un po’, giusto per sdrammatizzare.
Non sono sempre stata direttrice. Per lungo tempo sono stata, come molte di noi, “direttore”. Poi un bel giorno una professoressa di italiano mi ha scritto ricordandomi che, nella nostra bella lingua, i generi esistono e non concordare genere e desinenza non è solo farle un torto, ma anche commettere un errore di grammatica. Sono diventata all’istante direttrice e da allora faccio propaganda, garbatamente, senza eccessi ma con convinzione, all’idea semplice che quando cambia la società, è normale che le parole cambino.
È così che le lingue si evolvono: mio nonno dava del voi a sua madre, durante il fascismo il “lei” era vietato, oggi si dà del “tu”, all’americana, un po’ a tutti. Se le donne sono arrivate a intraprendere professioni che prima erano degli uomini, è normale che la lingua si adegui. Non c’è da stupirsi. Se qualcuno obietta “suona male”, “è cacofonico” è solo perché si tratta di parole a cui non siamo ancora abituati. Se qualcuno dice, peggio ancora, “è meno autorevole”, mi sento in dovere di metterlo in guardia: aiuto, che autogol! Ma come, con tutte le battaglie fatte per ottenerlo, quel posto, poi ci sabotiamo da sole? Maquellachemilasciasemprepiùperplessa èla posizione dei “benaltristi”, quelli che tagliano corto con “ci sono ben altri problemi”. Certo: esistono un sacco di problemi ben più gravi e ben più urgenti. Ma il bello dei piccoli problemi è che richiedono piccole soluzioni. Si risolvono subito. È per questo che, nel pieno rispetto delle regole della grammatica italiana e attenendomi al sesso che esibisco sui miei documenti d’identità e in cui oggi ancora mi riconosco, sento di essere nel giusto dichiarandomi “direttrice”. E aggiungo, orgogliosa: viva il femminile!