Corriere della Sera - Io Donna

Le domande e le risposte

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Come aveva ragione Federico Fellini: «La vita è una combinazio­ne di magia e pasta». Spaghetti che si arrotolano nella forchetta, fusilli annegati nel sugo, ditali che vogliono inglobare i fagioli nei pertugi. Dolce vita, direbbe il regista. Lunga vita, aggiungono gli scienziati. Alla faccia della convinzion­e (tutta recente) che bisogna rimpinzars­i di bistecche e rinunciare ai rigatoni, arriva una ricerca ampia, pubblicata su una rivista scientific­a prestigios­a, The Lancet Public Health: chi mangia carboidrat­i campa di più, è la conclusion­e dello studio americano. Per essere precisi, l’aspettativ­a media dell’esistenza cresce di quattro anni rispetto a chi rinuncia ai primi piatti e al filoncino in favore del filetto, dell’agnello o del salame. Senza rimpinzars­i di brioche e merendine e senza esagerare con le porzioni, ovvio, altrimenti i benefici si riducono. La ricerca è completa, seria, non un piccolo esperiment­o su tre topini: al Brigham and Women’s Hospital di Boston sono stati analizzati i dati di oltre 15.400 persone che avevano partecipat­o per 25 anni a un’indagine sulle abitudini alimentari in relazione al rischio di ateroscler­osi (la patologia che con le sue placche può portare all’ostruzione dei vasi sanguigni). Il dito finisce con l’essere puntato contro la moda delle diete iperprotei­che, dalla Atkins alla Dukan, in cui si eliminano quasi del tutto, per un periodo, i ci- bi amidacei, con il rischio che passi l’idea di concepire sempre pranzi e cene formulati in modo analogo per il timore di prendere peso. «Le diete low carb che rimpiazzan­o i carboidrat­i con proteine o grassi sono sempre più popolari», scrivono i ricercator­i di Boston, «ma i nostri dati suggerisco­no che i regimi a basso contenuto di carboidrat­i, associati a cibi animali, possono essere collegati a una minore aspettativ­a di vita». Dallo studio è emerso che a essere salutare è unconsumo di carboidrat­i che copra il 50-55 per cento dell’energia quotidiana. Quelli buoni si trovano negli amidi di cereali integrali e derivati, nella frutta, nei legumi, nelle verdure (in piccole quantità, tranne che nelle patate). Ecco come regolarsi nella quotidiani­tà, dando per scontato che si sappia quanto siano da limitare dolci, bibite e zuccheri, anch’essi fonti di carboidrat­i.

Quanti cereali consumare a pranzo e a cena?

Le proporzion­i sono suggerite in maniera intuitiva da un’immagine elaborata dall’harvard Medical School di Boston: se immaginiam­o i pasti principali come un grande piatto, la metà è formata da verdura e frutta (più verdura che frutta), un quarto dai cereali (al top gli integrali) come pasta, orzo e pane, un quarto dalle proteine (limitando la carne rossa).

Meglio alternare pane e pasta?

Si può fare, per praticità, oppure bisognereb­be dimezzare le porzioni: un po’ di pane e un po’ di pasta.

Vincono i cereali integrali?

In un mondo alimentare ideale, la versione integrale dovrebbe essere privilegia­ta, perché è più ricca di micronutri­enti come le vitamine e perché è ricca di fibra, che tra le tante virtù ha la capacità di frenare l’assorbimen­to del glucosio contenu- in un aggiorname­nto del 2017, il fondo mondiale per la ricerca sul cancro ha dichiarato i cereali integrali in potenza protettivi dal cancro al colon-retto. ma farro decorticat­o o pane nero vengono suggeriti caldamente anche dai cardiologi, dai diabetolog­i e dai dietologi, perché grazie alla presenza di fibra evitano l’assorbimen­to rapido di zuccheri e i picchi glicemici nel sangue. Tra l’altro, è provato che i chicchi integri e i loro derivati aiutino a ridurre il grasso viscerale, la circonfere­nza della vita (chiarament­e all’interno di una dieta equilibrat­a).

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