Corriere della Sera - Io Donna
La voglia di rinascere
Non so se sia per pudore. Oper paura di ricordare qualcosa di doloroso. Ma mi ha sempre colpito la ritrosia dei genitori di noi baby boomers, nati dopo la guerra, dal 1946 al 1964, a parlare dell’evento più sconvolgente che possa attraversare la vita di un Paese e una generazione. La guerra, appunto. Se prendo, uno per uno, quel poco che è filtrato della storia del mio clan familiare, mi sembra di essere già in un film epico. Drammatico e potente, ben diverso dalle tragicomiche psicopatologie della vita quotidiana che ci molestano l’umore del risveglio. Gli ingredienti ci sono tutti.
Il ruolo del caso. Un nonno soldato che si salva per miracolo, già su un convoglio con destinazione Russia che non sarebbe mai più tornato indietro, solo perché sul suo vagone c’è un figlio di papà, la carrozza viene segretamente sganciata dal treno, e lui rimane in Grecia. Mio papà che sopravvive, unico della famiglia, ai bombardamenti perché si rifiuta di scendere nel rifugio antiaereo. Sta studiando ingegneria aeronautica ed è curioso di capire come funzionano gli aerei nemici guardandoli da vicino, dal terrazzo di casa. Solo lui, tra tutti gli inquilini della casa, si salverà.
I rovesci della fortuna. Un nonno che perde tutto, famiglia e lavoro, tra bombe e svalutazioni valutarie e alla fine della guerra si ritrova sulla strada. Un altro, coraggioso e visionario, spogliato di casa, beni, onore, mandato al confino, reinventatosi professore in un angolo del sud Italia, e poi morto ancora giovane di crepacuore.
Il ruolo delle donne. Una che riesce rocambolescamente a far fuggire il figlio dal campo di prigionia, un’altra che coraggiosa sfida il regime a testa alta per salvare il marito, poi rimane sola, senza mezzi, con tre figli e un sacco di guai e si salva vendendo i mobili di famiglia e i cappellini che ha imparato a cucire con eleganza. Una delle tante donne che durante la guerra hanno stretto i denti, rivoltato cappotti, cercato cibo, protetto i figli, inventato lavori (ne parliamo a pagina 100).
Esperienze forti: l’entusiasmo della rinascita, l’energia vitale della ricostruzione, sono proprio figli di quell’orrore. Da lì, da quell’italia in bianco e nero che ci rimandano i film neorealisti, volti magri e scarpe sfondate, città distrutte ma strade piene di bambini e di voglia di fare, sono ripartiti i nostri genitori. Forti come rocce, mai incrinati da dubbi, ruvidi ma solidi negli affetti, incrollabili nel loro concretissimo ottimismo. Quando tutto sembra complicato, quando le ansie per il futuro sono troppe, la corsa incessante ci logora, le incertezze del pianeta ci sovrastano, fa bene parlare con loro. “Passerà”, risponderanno pacati, con il sorriso di chi ha superato ben altro.