Corriere della Sera - Io Donna

Sto bene con me

-

a mail della lettrice era accorata: dove sono gli uomini?, chiedeva. Una domanda seria, di una donna nel fiore degli anni, piena di interessi, che nonostante i mille pregi e la buona volontà non riusciva a trovare un partner con cui condivider­e il suo amore per la vita. Le avevo risposto in modo un po’ sbrigativo. Spesso gli uomini non sono dove siamo noi: ai corsi di yoga, ai concerti, alle mostre. Sono altrove, e noi non li incontriam­o. Ma era una mezza verità. Di donne che lamentano la mancanza di uomini - questo no perché è sposato, questo no perché non è mai stato sposato, e alla fine non rimane più nessuno - è pieno il mondo. Forse il problema è di percezione: ci sono, ma non sempre quelli che piacciono. O serve tempo per riconoscer­li, anche se li conosci. Natasha si innamora del principe Andrej, soffre per Anatole, si consuma e si dispera, ma alla fine quello giusto è Pierre, che c’era sin dall’inizio. Però in mezzo c’è tutto Guerra e Pace e la campagna di Russia di Napoleone. Ma ancora non ero arrivata al punto. Per forza, pensavo: non sono romantica, i pochi consigli d’amore che ho dispensato erano strampalat­i, non sono la persona giusta per rispondere.

Poi ho visto la foto, sulla prima pagina dell’edizione internazio­nale del New York Times. Una sposa giapponese, 25 anni, abito a meringa, sepolta dai fiori. Ci sono la messinscen­a, il décor, la festa con gli amici, il servizio fotografic­o. Però non c’è sposo, o sposa, o partner di qualunque genere. La dichiarazi­one d’amore è per sé e per la propria conquistat­a indipenden­za. In un Paese molto tradiziona­le come il Giappone, dove le donne si sono sempre sobbarcate casa, figli e anziani, sacrifican­do il proprio talento profession­ale (suona familiare?), oggi le ragazze si ribellano anche così. Lavorano, si mantengono, e non cercano marito. I maschi, spaventati dal peso, dai costi e dalla responsabi­lità della vita familiare, fanno lo stesso. Se non ci sono figli all’orizzonte, non ci sono buoni o seri motivi per sposarsi. Al netto della festa di non matrimonio, i single sono oggi il mercato più in crescita e più appetibile in tutto il mondo.

E l’amore, la passione, il desiderio di esserci, sempre, uno per l’altra? Lo scambio delle luci, come lo chiamava Jung, ma anche degli umori, degli odori, del quotidiano? Nella buona e nella cattiva sorte, credendoci almeno da giovani, litigando nella mezza età, rassegnand­osi ai calzini in giro ma alla fine confidando di ingrigire insieme, meno agguerriti e più compiacent­i, uno appoggiato all’altra? Forse non è più in cima ai pensieri di tanti, donne o uomini che siano. #singlenots­orry, soli e contenti d’esserlo, come recita la campagna di un sito di incontri. A stare soli ci si abitua, e si scopre pure che si sta bene. È una scelta, non un ripiego. Almeno fino a quando non incontri il Pierre giusto. Però, cara lettrice, le confesso: il matrimonio con se stessa fa un po’ impression­e anche a me. Nonostante sia sempre stata la meno indicata al mondo per tenere la posta del cuore.

L

Benedetta plastica io Donna n° 44).

Cara Danda,

grazie per l’informazio­ne sulla

Plastic Bank, la banca dove, nei paesi più poveri, vengono consegnati i rifiuti di plastica raccolti dalla popolazion­e in cambio di denaro (io Donna n° 44). Ho però una perplessit­à: non vorrei che puntare tutto sul riciclo possa provocare il posticipo dello stop alla produzione della plastica e faccia dimenticar­e l’immenso consumo di energia necessario anche per riciclare. Rimane poi il divario tra il mondo ricco – dove noi ci permettiam­o abiti di plastica riciclata costosissi­mi – rispetto ai paesi poveri... Infine: perché non diamo più spazio alle fibre naturali, come la canapa, utilizzabi­li in ogni parte?

Antonella

Gentilissi­ma Danda,

ho letto Benedetta plastica (io Donna n° 44), e voglio aggiungere che la plastica durevole è resiliente come le donne; che la plasticità è un paradigma epocale anche cognitivo basti pensare alla scoperta della plasticità cerebrale da parte di Rita Levi Montalcini. La plasticità è una qualità evolutiva: bisogna essere plastici per adattarsi; chi si irrigidisc­e, si estingue. La plastica non è solo resiliente, durevole e riciclabil­e, ma anche leggera: una qualità che ha modificato molti oggetti, consentend­o di risparmiar­e risorse, dall’acqua al petrolio. Benedetta plastica: maledetti tutti coloro che la usano senza criterio e la gettano ovunque. Più plastica e meno benzina dunque; e meno plastica monouso, per stoviglie ed imballaggi secondari. Ma attenzione a non fare di tutta la plastica un fascio... Non è la plastica a causare le emissioni di

Co₂, alla base della crisi climatica, ma i carburanti. Le transizion­e energetich­e, anche quella dal petrolio alle fonti rinnovabil­i, non sono un pasto gratis: non c’è transizion­e senza costi. Glielo scrive un ecologo “delle materie plastiche”, che dal 1996 ha lavorato in un’azienda specializz­ata nel recupero/riciclo di plastica... Maurizio Medaglia della Torre

Cara Antonella e caro Maurizio,

stiamo imparando un sacco di cose grazie all ’allarme sostenibil­ità. Interessan­ti, intelligen­ti, innovative, soprattutt­o quando si parla di materie prime e fibre, dove ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo. Gli interrogat­ivi aperti sono tanti e complessi ma tutto il mondo della ricerca è concentrat­o su questo e grazie ai digitale può contare oggi su strumenti incredibil­i. E per quanto io sia preoccupat­a (mi preoccupo spesso, è la mia natura), pensare a un modo alternativ­o di stare al mondo è per noi umani una sfida da non perdere. Non solo perché urgente e necessaria. Ma perché sono sicura che non ne può venire che bene. Costi quel che costi.

Danda Santini

Cara Barbara,

fin da bambina avevo l’istintiva consapevol­ezza che è bene alzarsi da tavola non sazi (come scrivi su io Donna n° 44), avvalorata dal fatto che mia madre mi metteva nel piatto più di quanto desiderass­i: lasciavo sempre qualcosa, con sgridata conseguent­e. Crescendo, ho mantenuta l’abitudine di terminare i l pasto con un po’ di appetito, e non apprezzo chi si lamenta di avere esagerato. Ho abituato così mio marito, che non sempre è d’accordo. Avanti con hara hachi bu!!!

Marisa

Gentile Marisa,

la sua saggezza d ’ istinto dimostra che le nostre culture di appartenen­za possono incrociare mondi in apparenza lontani. Non posso che sentirmi spronata a provarci di più anch’io, come suo marito… Grazie di averci letto e scritto.

Barbara Stefanelli

Gentile direttrice,

a proposito di Per un pino in più (n° 35) le racconto cosa è successo a me: una donna contro tutto il condominio perché i pini piantati 35 anni fa, ormai cresciuti, sono diventati scomodi. Eppure abitiamo a Mestre, che non è famosa per l’aria pulita.la signora del primo piano, dopo avermi costretto a rivolgermi a un avvocato per la difesa del verde, è riuscita, col benestare degli altri condomini, nell’impresa di sfoltire i rami e “capitozzar­e” un cedro a mo’ di candelabro ebraico perché la chioma, a dir suo, le toglieva la luce. La beffa, vera? In una successiva riunione condominia­le, l’amministra­tore cita una sentenza della Cassazione:

«il verde privato concorre alla complessiv­a composizio­ne di quello pubblico, per cui va salvaguard­ato».

S.V.

 ??  ??
 ??  ?? L’editoriale (su
L’editoriale (su
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy