Corriere della Sera - Io Donna

Il lato oscuro della routine

- Perché certe abitudini (piacevoli) rischiano di diventare dipendenze craving,

te, secondo alcune stime, oltre quattro milioni di chilometri di connession­i, quasi dodici volte la distanza che separa la Terra dalla Luna.

Sembra strano che uno stato d’animo, astratto per definizion­e, abbia radici biochimich­e. Ma è così. Che succede se impariamo a ragionare in un modo diverso o se rettifichi­amo un’abitudine? Mutano le vie dei pensieri e di alcuni bisogni. Cambiamo noi. Lo provano le scansioni che si fanno negli esperiment­i con la risonanza magnetica funzionale. Per esempio, alla fine di una psicoterap­ia riuscita, che insegna proprio a ribaltare gli schemi di pensiero negativi, si vede che i percorsi neurali interrotti si ricongiung­ono con nuove sinapsi oppure che si creano strade alternativ­e. Si chiama plasticità questa potenziali­tà del cervello di variare le sue funzioni e la sua struttura anche ben oltre l’adolescenz­a. Abbiamo tutto il tempo della vita per migliorare.

Il metodo Smart per gli obiettivi

Esperti americani hanno messo a punto il metodo Smart, usato anche dalle aziende di mezzo mondo per scopi di business. L’idea è che coronare il successo sia più semplice se i propositi hanno cinque caratteris­tiche, le cui iniziali formano l’acronimo Smart:

• specific, nel senso che la meta dev’essere molto specifica, come ridurre lo zucchero, aggiungere due porzioni di verdure alla dieta giornalier­a e camminare a passo svelto trenta minuti al giorno (non genericame­nte mettersi a dieta o proporsi di muoversi);

• measurable, perciò con un sistema per misurare i progressi, tenendo un diario;

• achievable, ossia realizzabi­le, quindi prevedere che la verdura possa essere ogni tanto surgelata, così che ci siano in casa ortaggi a portata di mano, o che si facciano camminate nel quartiere;

• realistic, perché è questo il cambiament­o in cui si ha più fiducia di riuscire (come ridurre i cucchiaini di zucchero nel tè e nel caffè), non tanto la variazione di cui si avrebbe più bisogno (per dire, perdere dieci chili);

• time-based, con date per iniziare e tempi di scadenza. In pratica, i grandi

Un passo oltre le abitudini

ci sono le dipendenze.

Diventarne vittime è un percorso di piacere, diciamo così.

La nicotina delle sigarette, l’alcol, il gioco d’azzardo, le droghe, i videogioch­i: stimolano tutti il rilascio di una molecola, la dopamina, procurando godimento momentaneo, un godimento che potremmo chiamare assenza di dolore (per questo moltissime droghe nascono come sostanze analgesich­e).

perché nel nostro cervello la ricompensa di piacere si accompagna al meccanismo di

La schiavitù si crea

sogni vanno tradotti in piccoli passi, che spingerann­o verso l’obiettivo finale.

I ricercator­i hanno notato che sgarrare una o due volte, rispetto all’obiettivo che ci si è dati, non interferis­ce con il suo raggiungim­ento, mentre le incoerenze frequenti impediscon­o il successo. La perseveran­za è importante.

La mente brillante non è monotona

In generale, si dovrebbero ridurre al minimo necessario tante routine. Nascono come buona cosa, perché danno sollievo, e poi diventano catene. Fissarsi su un tipo di colazione, per dire, e bere sempre e solo latte e biscotti. Tornare a casa e piazzarsi davanti alla tv. Eccetera. Le abitudini costituisc­ono l’architettu­ra invisibile delle nostre giornate, «cambiano gradualmen­te il volto della vita così come il tempo cambia il tuo volto» scrisse Virginia Woolf. Diventano la stampella dei nostri pensieri, i sentieri noti e meno faticosi.

Eppure, al cervello fa bene esplorare luoghi nuovi. Con la ripetitivi­tà si impoltroni­sce e, una volta impigrito, materialme­nte si restringe. Al contrario, si rinvigoris­ce usandolo, come avviene per rinforzo, che richiede la ripetizion­e dell’azione soddisface­nte.

Finché il comportame­nto non diviene automatico

e ci riduciamo servi di una pratica tiranna, in preda al cosiddetto il desiderio fortissimo di appagare quell’esigenza che ci cattura, come l’urgenza di assumere una sostanza stupefacen­te. Per uscirne, bisogna fare fatica. Il supporto medico è consigliat­o ai forti fumatori o agli obesi, non a caso. E in molti ospedali ci sono unità che si occupano di disassuefa­zione dall’alcol, con un percorso lungo e costante. un muscolo. E la sua forma peculiare di allenament­o è apprendere, sperimenta­re, non restare prigionier­o della stessa monotonia. È la conoscenza a costruire reti di connession­i tra i neuroni. E questo raffina la capacità di stare al mondo e crea una specie di riserva cognitiva, un tesoretto di sinapsi in grado di compensare il declino che potrebbe manifestar­si gradualmen­te.costruiamo schemi di segnali elettrici e chimici che viaggiano tra le cellule nervose se cominciamo a frequentar­e una scuola di ballo e dobbiamo memorizzar­e i passi. Se decidiamo di parlare un’altra lingua, se sperimenti­amo in cucina ricette diverse, se cambiamo l’itinerario per andare a lavorare. In altre parole, bisogna abbandonar­e il trantran, altrimenti il cervello opera in automatico e il suo livello di attività si riduce.

La manualisti­ca è piena di esempi: lavarsi i denti con la mano non dominante, iniziare un hobby, iscriversi a un club. Ci sono migliaia di modi per stimolare la mente, a cominciare dalla lettura. L’importante è dare voce alla caratteris­tica che è il motore dell’intelletto e la spinta del progresso umano: la curiosità, il desiderio di conoscere.

Eliana Liotta giornalist­a, scrittrice e comunicatr­ice scientific­a,tiene su iodonna.it il blog “Il bene che mi voglio”.

La consulenza scientific­a è di Stefano Erzegovesi, primario del Centro Disturbi alimentari DELL’IRCCS

Ospedale San Raffaele di Milano.

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