Corriere della Sera - Io Donna

Da anni la corrispond­ente di da Los Angeles intervista le celebrity americane per noi. Ora ha condiviso il loro stesso destino: evacuata nella notte, mentre gli incendi lambivano la sua casa. Insieme ad Arnold Schwarzene­gger, Kate Beckinsale, James Lebron

Io Donna

- Di Alessandra Venezia foto di Marcio Jose Sanchez

Se oggi mi affaccio alla porta di casa davanti a me vedo una collina brulla di terra nera e bruciata, qualche residuo di tumbleweed (i classici cespugli rotolanti dei film western, ndr) più giù, e rami scheletrit­i: sembrano le immagini dantesche di Gustave Doré. Risalendo la strada, di fronte al Mount St. Mary’s College - da cui 450 studentess­e erano fuggite tra le fiamme - una quindicina di falchi scuri volteggia in circolo, lenti, le ali spianate, per scovare prede - uccelli, scoiattoli, serpenti e scorpioni - di cui nutrirsi. Se esco invece sul giardino nel retro della casa, la ripida collina che avevo visto illuminata come una cartolina natalizia da fiammelle sparse ovunque, quando all’una e trenta di mattina la polizia venne a bussare prepotente­mente alla porta ordinandoc­i di evacuare, ha un aspetto più sereno. Dall’incendio furioso scatenatos­i qui a Brentwood, intorno al Museo Getty, si sono salvate la palma e i piccoli ulivi, la camelia e persino gli arbusti.

Più in alto, al confine con Kenter Canyon e Tigertail Road, una comunità sulle colline a nord di Sunset Boulevard, vicine all’oceano, dove amano vivere molte celebrity, produttori e famiglie “importanti”, sono rimasti tanta cenere, cortecce carbonizza­te, terra arsa con macchie bianche dei liquidi ritardanti lanciati dagli elicotteri.

“Come - mi hanno chiesto gli amici - non hai preso una borsa coi documenti o il libretto degli assegni, le foto ricordo?”

Un paradiso che non esiste più

Qui i vigili del fuoco hanno combattuto contro le fiamme e i venti caldi di Santana (o Santa Ana, venti secchi, in genere caldi e polverosi, tipici del sudovest della California, dove si trova appunto l’omonima città, ndr) per giorni e notti. Immagini familiari, da film western, che osservo ammaliata, stordita. Solo che questa non è una sequenza di Django Unchained ,odi una serie televisiva post-apocalitti­ca: è ciò che vedo intorno a casa mia, in Bundy Drive, Brentwood, California, a un tiro di schioppo dall’imponente museo Getty, dalla freeway 405 - la più trafficata degli Stati Uniti - e dalle case di star e gente che conta, nascoste tra la vegetazion­e da deserto. Forse è proprio grazie a loro, e alla presenza del college e del museo, che le nostre casette senza pretese, costruite alla fine del canyon negli anni ’40 e ’50, si sono salvate. Quando mi sono spostata in questa zona più di vent’anni fa pareva di vivere in campagna: un silenzio meraviglio­so, centinaia di uccelli, cerbiatti, troppi scoiattoli, è vero, e anche qualche scorpione e serpente a sonagli, ma a loro ti abitui e ci convivi serenament­e: tu non li disturbi e loro ti lasciano in pace. Tempo fa c’erano solo frutteti di avocado - mi raccontano i miei vicini che abitano qui da mezzo secolo - e piccoli ranch con cavalli, spesso erano case usate solo per i weekend, ma di incendi e slavine non si era mai parlato. Ora è tutto cambiato: negli ultimi tre anni siamo stati evacuati due volte, spesso siamo in allerta - la municipali­tà ci avvisa al cellulare e con una sirena in caso di fiamme e terremoti - e se ora sento un elicottero volarmi sulla testa corro a vedere cosa succede.

La notte dell’incendio, il 27 ottobre, con mio marito Ruben abbiamo lasciato la casa e siamo saliti sull’auto di corsa, io in fretta e soprattutt­o furia, con il pigiama sotto i bluejeans, l’iphone e il computer tra le mani - un riflesso condiziona­to che poi ripensando­ci mi ha turbato - e i due passaporti. Nient’altro, non avevo preparato nulla, forse per scaramanzi­a. «Come - mi hanno chiesto gli amici - neppure la borsa coi documenti, o il libretto degli assegni, le foto ricordo?». Nulla. Sarebbe bruciato tutto, pensavo, tante erano le scintille in giardino e le fiamme sul colle del Mount St. Mary.

Siamo scesi giù da Bundy tra una coltre spessa di fumo giallo rosso e marrone. Una decina di camion dei pompieri, rossi e brillanti, le sirene spiegate, salivano verso di noi e verso il College e gridavano indicazion­i. Pochi minuti prima di partire avevo visto due di loro puntare il getto violento dell’acqua contro la palma in fiamme del mio vicino, a cinque metri dalla mia porta; altri si arrampicav­ano sulla collina, sentivo ovunque urla concitate. Riuscendo a malapena a respirare, siamo scappati lasciando le porte aperte della casa in modo che loro potessero entrare (e uscire dall’altra parte, dove le fiamme quasi ci sbarravano il passo). Erano ormai le due e mezzo di mattina. Non sapevamo bene dove andare né che cosa fare. Ci siamo fermati nel parcheggio di Barrington Place, sotto casa, a guardare le fiamme alte e scure che si allargavan­o a tutta velocità sulle colline intorno a noi. Faceva comunque freddo. Cominciava­no ad arrivare

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 ??  ?? Arnold Schwarzene­gger ha lasciato la sua “mansion” alle 3.30 del mattino e, con un tweet, ha invitato tutti a fare lo stesso.
Arnold Schwarzene­gger ha lasciato la sua “mansion” alle 3.30 del mattino e, con un tweet, ha invitato tutti a fare lo stesso.
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Kate Beckinsale ha postato su Instagram la foto della sua casa in fiamme. È riuscita a salvare i suoi animali.

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