Corriere della Sera - Io Donna

Il cervello indovina le parole prima che siano pronunciat­e

Una guida per chi sta vicino alle donne in cura Anche agli uomini conviene una nuova parità

- Eneuro, Francesca Iannelli

Il cervello predice le parole che il nostro interlocut­ore deve ancora pronunciar­e e corregge, quando serve con prontezza, eventuali errori che porterebbe­ro a un’errata comprensio­ne. Ad affermalo, sulla rivista un team di scienziati della Sissa di Trieste. Hanno scoperto la capacità del cervello di comprender­e, anche in situazioni complicate, incerte e rumorose, con l’aiuto di due esperiment­i distinti, in ciascuno dei quali hanno arruolato 30 volontari. «Sulla base dei primi stimoli uditivi, che ci arrivano in diretta, il nostro cervello è proattivo, fa una previsione e suggerisce una soluzione» spiega Yamil Vidal ricercator­e in neuroscien­ze dell’istituto triestino, aggiungend­o: «Questa capacità potrebbe funzionare per qualsiasi altra esperienza uditiva, dalla musica ai suoni ambientali».

Affrontare la malattia, nel caso specifico il tumore al seno, non è facile neppure per chi sta vicino alla donna malata. Mariti, madri, familiari possono restare incerti sulle parole da usare, sui gesti da compiere, sulle domande da fare.

il vademecum realizzato dall’associazio­ne Europadonn­a - illustrato da Pat Carra e con il contributo delle psicologhe Cristiana Rinaldini e Paola Pellecani – accompagna nella quotidiani­tà e si cura sia del benessere della persona malata sia di chi la sostiene. Si scarica da

mano, Dammi la europadonn­a.it/ progetti/caregiver

Come stanno i maschi italiani? Mediamente meglio dei loro nonni, ma non riescono a raggiunger­e le loro compagne e sorelle nell’aspettativ­a di vita. Per ragioni biologiche certamente, ma non solo: gli uomini ancora oggi si trattano male quando ci si riferisce a stili di vita e alla prevenzion­e. Sappiamo che gli europei sono vittima soprattutt­o di malattie cardiovasc­olari, tumori, diabete e patologie respirator­ie. Si stima che nel 2019 in Italia circa 37mila uomini si saranno ammalati di tumore alla prostata, 24mila di tumore alla vescica, e

2200 di tumore al testicolo. Ridurre i fattori di rischio e, se la malattia arriva intercetta­rla, presto segna la differenza. La gran parte degli incidenti sul lavoro riguardano maschi e gli uomini di ogni estrazione sociale bevono più alcolici, fumano di più, mangiano in modo meno salutare rispetto alle donne. Vanno meno dal medico e fanno meno controlli, faticano a riferire sintomi e malesseri preoccupan­ti. E allora io penso che ci voglia una piccola grande rivoluzion­e di genere. E che debba passare dalla scuola dallo sport, dall’ambiente di lavoro dalla vita di coppia e dalle donnne che ci vivono accanto. Il punto di partenza, però, non può essere che uno: capire che per proteggere ciò che amiamo nella vita dobbiamo cominciare ad avere più cura di noi stessi. Prof. Paolo Veronesi

Presidente della Fondazione Umberto Veronesi e Direttore Divisione Senologia Chirurgica dello IEO

E può capitare che i bambini che ne sono affetti siano penalizzat­i su alcuni fronti, come quello sportivo, non sempre a ragione. Un esempio? La scomparsa tragica di un ragazzo a scuola, poche settimane fa, durante l’ora di educazione fisica (per motivi verosimilm­ente cardiologi­ci), è stata accostata al fatto che soffrisse di epilessia. E questo ha alimentato nuovi equivoci. «Di epilessia esistono più forme con sfaccettat­ure diverse, ma in generale l’attività fisica non agonistica può essere svolta senza problemi, anche se alcuni sport sono senz’altro da preferire» dice Oriano Mecarelli, presidente Lice (Lega italiana contro l’epilessia). «Sì all’atletica e agli sport di squadra: se il bambino ha una crisi, al massimo, cade. Le cose si fanno più complicare con sport più rischiosi come le immersioni, il paracaduti­smo, l’equitazion­e o il ciclismo, da evitare». In molti casi, può essere concessa anche la pratica agonistica, ma non sempre il medico sportivo dà l’autorizzaz­ione. In generale, comunque, lo sport è un mezzo efficace per abbattere le barriere e consentire che sia fatto “gioco di squadracon il compagno affetto da qeusta condizione anche in classe. Per questo la Lice ha lanciato una campagna educativa rivolta ai ragazzi dagli 8 ai 12 anni, e agli insegnanti (6 su 10 ammettono di non saper gestire una crisi). Il progetto si basa su di una piattaform­a digitale interattiv­a

che spiega la patologia, il suo impatto sul bambino e insegna a intervenir­e in caso di crisi epilettica. Antonella Sparvoli

L’epilessia è ancora fonte di pregiudizi. (educazione digitale.it/epilessia)

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