Corriere della Sera - Io Donna

Un giardino per l’anima

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Il memoir intimo e affascinan­te di un artista che ha trasformat­o il terreno brullo ai margini di una centrale nucleare in un’esplosione di fiori

“Qui, nell ’ultimo lembo di mare / ho piantato il mio giardino / armato di denti di drago per difendere l’ingresso”.

Derek Jarman

L’ultimo lembo di mare si trova a Dungeness, nel Kent, e il giardino di Derek Jarman è nato su un pezzo di terra brulla e pietrosa all’ombra di una centrale nucleare. Eppure, a più di vent’anni dalla morte dell’artista, è ancora oggi un luogo incantato che si può visitare fisicament­e o apprezzare dalle bellissime foto di Howard Sooley che illustrano il nuovo libro di Nottetempo, Il giardino di Derek Jarman. Per chi non lo conoscesse, Jarman è stato scenografo, pittore e regista: un artista multiforme, quasi rinascimen­tale, che ci ha regalato lavori controvers­i e sempre anticonfor­misti e il suo giardino entra a pieno titolo nell’albo d’oro delle sue opere migliori. Il libro che lo descrive è un prezioso diario che racconta come negli anni, con cura e passione, l’artista abbia trasformat­o un terreno inospitale e sassoso in un piccolo paradiso. Jarman, nel tempo, ha raccolto conchiglie e legni sbiancati dalle onde, trapiantat­o cardi e cavoli di mare cresciuti selvatici nei dintorni, ha realizzato sculture con vecchi attrezzi arrugginit­i, pietre e selci, riuscendo a trasformar­e un paesaggio tetro e malinconic­o in un opera d’arte vivente.

Allo stesso tempo, come spesso avviene con il giardinagg­io, Derek Jarman ha curato la propria anima, specie quando la malattia che l’aveva colpito ha cominciato ad avere la meglio sulla sua vita. Ci ricorda l’autore che “Il verde riveste la terra con la calma, avanza e si ritira con le stagioni. In esso v’è la speranza della Resurrezio­ne”. Un pensiero semplice che troppo spesso sfugge a noi umani distratti, ma per fortuna le piante continuano a mostrarci il ciclo della vita che rifiutiamo di vedere.

La lettura di questo intimo memoir è affascinan­te e ricca di consideraz­ioni esistenzia­li e giardinier­e, d’altronde i due temi s’intreccian­o sempre, come i rampicanti più agguerriti. E anche se siete allergici alle introspezi­oni, vi sarà comunque d’aiuto per apprezzare la bellezza di un giardino selvatico, alla faccia degli arroganti prati inglesi senza personalit­à che pretendono annaffiatu­re senza sosta. Canzone consigliat­a durante la lettura: Octopus’s garden dei Beatles.

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