Corriere della Sera - Io Donna

Perché la Gioconda piace a tutti

“La pittura” diceva Leonardo “è cosa mentale” e la visione diretta delle sue opere è meno importante del concetto che la fa esistere. Perciò tutti (anche senza essere andati al Louvre) amano la Monna Lisa. E tanti artisti a lei si sono ispirati

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redo che nessuno abbia visto la Gioconda prima nella realtà e poi in una riproduzio­ne. Solitament­e con le opere che si va a vedere in un museo accade il contrario: s’acquista una cartolina o si prende il catalogo, e quindi si gode delle riproduzio­ni di Perugino, Giorgione e Tiziano dopo aver visto l’opera. Questo vale per tutti gli artisti meno che per Leonardo, perché - per ragioni misteriose che fanno diventare la Gioconda l’opera più popolare al mondo - essa è conosciuta a prescinder­e dallo stesso Leonardo: è entrata dentro di noi attraverso un processo di conoscenza che passa tra le scatole di cioccolati­ni, il gabinetto di un dentista, l’anticamera di un notaio o un libro di storia in cui vediamo l’immagine della Gioconda. Un processo concettual­e identico a quello dell’orinatoio.

L’opera di Duchamp era così rivoluzion­aria che al termine della mostra in cui fu esposta nel 1917 venne buttato via, così che dell’orinatoio originale rimane solo una fotografia. Quando vediamo oggi in un museo l’orinatoio, vediamo uno dei dodici esemplari che Duchamp fece nel 1968, trasforman­do un prodotto della mente in progetto industrial­e. Non sono repliche, non sono falsi, non sono copie. Sono la Marcel Duchamp: testimonia­nza, il feticcio di un’idea, che è sufficient­e L.H.O.O.Q. (1919).

Collezione privata. comprender­e attraverso la fotografia, perché non potrete vedere com’è stata fatta, la qualità artigianal­e, perché è un puro concetto. (La stessa operazione compiuta con la sua Gioconda con i baffi, o L.H.O.O.Q, ndr).

Quel concetto è lo stesso per cui Leonardo diceva “la pittura è cosa mentale”. Se Leonardo avesse avuto la macchina fotografic­a o un telefonino per i selfie non avrebbe dipinto nessun quadro, perché non gli importava la manualità. Gli importava un’idea, nel caso della Gioconda l’idea di un eterno femminino. La Gioconda è un pensiero a prescinder­e dalla sua realtà fisica, che pure è potentissi­ma, perché non è il ritratto di nessuno: è lo sforzo estremo, attraverso la pittura, di creare una persona. Con le moderne tecnologie una buona riproduzio­ne, fatta in maniera

Cprecisa, con la stampa sulla carta giusta, non consente di riconoscer­e l’originale da una fotografia. Sempre di più sarà così. Nel caso specifico di Leonardo, nessuna sua opera è più importante nella dimensione fisica, nella capacità di esecuzione, rispetto al concetto e al principio che la fanno esistere. Perché lui è un filosofo, e quindi accade che una riproduzio­ne ci dica quanto il quadro se fossimo davanti a lui.

Con questo apparato filosofico, siamo entrati all’interno della problemati­ca leonardesc­a: credo che Leonardo sia arrivato alla conclusion­e che ciò che caratteriz­za Dio è la creazione del mondo. L’artista nello stesso modo aumenta la bellezza del mondo, aumenta il creato: l’architettu­ra, la pittura, la scultura, la musica sono creazioni di Dio attraverso l’uomo creatore. Quindi se la fede è lo strumento con cui noi compensiam­o l’insufficie­nza della ragione, e la fede è quello che abbiamo dentro di noi quando la ragione finisce, per l’artista, al posto della fede, e come approssima­zione più vicina all’esistenza di Dio, c’è l’arte. L’arte è la più alta testimonia­nza che Dio c’è. Se ha consentito all’artista di fare un capolavoro, vuol dire che lui stesso gli ha dato qualcosa di sé per continuare la creazione, e aumentare la meraviglia del mondo. La creazione artistica è una forma di approssima­zione a Dio, perché è lo stesso strumento di Dio.

Quando Leonardo fa la Gioconda non esegue il ritratto della moglie di Francesco del Giocondo, ma crea una persona viva, che respira, che parla. Abbiamo la sensazione che si muova e sia nel corpo con i suoi odori, i suoi umori, con l’umidità degli occhi. È qualcuno che vive come vive una persona, e non come il ritratto di una persona vivente. Questa dimensione concettual­e della Gioconda è il paradigma, il punto d’arrivo della vicenda umana (di Leonardo, ndr) che vede nella pittura uno strumento per arrivare più vicino a Dio. Tutta l’arte ha l’aspirazion­e a comprender­e il mistero di Dio, che è il mistero stesso dell’uomo, poiché noi siamo la prova che Dio esiste, e gli artisti interpreta­no quella potenza che è la potenza di Dio.

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