Corriere della Sera - Io Donna
Veronica Etro: «Il mio pensiero libero»
Tre generazioni di Missoni: Rosita tra la figlia Angela (a destra) e la nipote Margherita.
Forse era destino, forse è stato un desiderio irresistibile. Forse la curiosità di seguire le orme del fratello Kean, direttore creativo della griffe alla ricerca di un rapporto diretto con il pubblico. «Forse anche il fatto di chiamarsi Etro», dice Veronica che è responsabile della linea femminile come Kean lo è di quella maschile. Mentre Jacopo è direttore creativo accessori e pelletteria, home e tessuti. «Nessuna sovrapposizione di ruoli, ma una focalizzazione costante sui temi. La moda richiede organizzazione, attenzione,
«Si tratta di un pensiero attorno al quale l’uomo modella i suoi codici estetici, dopo le grandi donne degli esordi come Coco Chanel, Madame Grès, Madeleine Vionnet», commenta Maria Luisa Frisa, critico e curatore, che dirige il corso di laurea in Design della Moda e Arti Multimediali allo IUAV di Venezia, una delle poche scuole statali di moda in Italia. «Questo percorso storico dimostra che il problema è sempre lo stesso: le donne non avevano le possibilità degli uomini. Il panorama cambia quando riescono ad avere accesso alle stesse opportunità. Come è successo, per esempio, alle donne architetto».
Pragmatismo all’italiana
presenza costante ma anche libertà di pensiero. Io cerco di prendere questo lavoro con leggerezza, anche perché il dramma non lo sento e mi piace trasferire la normalità nelle sfilate». Anche per questo ha aperto il rito del casting a indossatrici di età diverse e ha scelto Lauren Hutton, modella amatissima da Richard Avedon e indimenticabile protagonista di American Gigolò a fianco di Richard Gere, come protagonista della campagna pubblicitaria. «È una donna magnifica e interessante, che rappresenta quell’individualità della moda alla quale tendo perché è giusto che ognuno se la faccia propria» aggiunge questa affascinante giovane donna che ha due figli e si è laureata alla Saint Martins School di Londra. È lì che ha imparato quando siano importanti gli archivi, autentica ricchezza di un’azienda. «Perché ti aiutano a portare il marchio dove nessuno se lo aspetta, con la massima libertà di espressione». Ed è questo l’effetto sorpresa che più ama.
In una lista di nomi da scoprire e di altri, inevitabili, già conosciuti, non mancano Zaha Hadid, la giapponese Kazuyo Sejima (che ha collaborato con Prada ed è stata la prima donna a dirigere la Biennale Architettura del 2010), l’italo-brasiliana Lina
che ha sempre sostenuto: «Quando progetto, non penso di farlo come donna o come uomo». Commenta Maria Luisa Frisa: «Le donne hanno il senso coinvolgente del pragmatismo. Così, quello che le caratterizza è la capacità di tenere insieme un contenuto con un prodotto e in questo le italiane, ma anche gli italiani, sono bravissime». Pensiamo a quando Maria Grazia Chiuri nel 2016 scelse come slogan per le t-shirt di Dior la frase della scrittrice nigeriana Chimaman