Corriere della Sera - Io Donna

Milano, oh cara!

- Di Fiorenza Sarzanini di Claudio Moschin di Giulia Calligaro di Cristina Lacava

ontenapole­one backstage. Nove di mattina, le vetrine del lusso ancora chiuse, l’aria è tersa, le direttrici dei negozi sollevano le serrande frettolose, i furgoncini delle consegne a bordo strada scaricano borse e vestiti, i commessi fumano l’ultima sigaretta, qualcuno spazza il marciapied­e come fosse un corridoio di casa, qualcun altro pulisce i vetri perché tutto sia perfetto, le pasticceri­e gioiello servono a raffica cappuccini e brioche, un ragazzo più intraprend­ente intona uno stornello alla ragazza più carina. Se chiudi gli occhi sei al giorno di mercato di una qualunque città di provincia italiana, se li riapri e guardi all’insù potresti essere ancora nella Milano dell’ottocento, con le case signorili che non superano i tre piani, le facciate sobrie e riservate, perché il bello è all’interno, tutto da scoprire. Le luci di Natale sono accese da inizio mese, tra un po’ partiranno anche le musiche di sottofondo, si fa a gara a colpi di tralci d’abete, palle dorate, lumini e decori.

Che bello essere a Milano, città laboriosa e generosa, che si riscopre all’improvviso anche sexy. Piace a tutti, ed è la prima a esserne sorpresa, si mette i tacchi e si veste a festa, persino le paillettes e i lustrini, adesso che nemmeno le milanesi vestono più di nero ma hanno scoperto il colore. Oggi ci sono i russi a fare shopping prima di andare sciare sulle Dolomiti o in Svizzera, nel fine settimana la provincia curiosa, domani i cinesi con il loro Capodanno, e poi il popolo eccentrico della moda, quello rigoroso del design, i mediorient­ali prima della Sardegna.

Che orgoglio per noi, che chicca per i turisti globali, questa via del lusso contenuta e a misura d’uomo, che abbracci in un solo sguardo, dove passeggi tranquillo, fermandoti vetrina per vetrina, lungo i suoi 350 metri - i più costosi d’europa. E pazienza se i grandi compratori vengono da lontano, se questo è un lusso pensato, creato e prodotto da noi, ma non sempre per noi. Per noi questo è il Natale delle cose belle e accessibil­i, in cui siamo maestri, del goloso più che del prezioso, del verde diffuso (regalate alberi, ci suggerisce una lettrice, così respirerem­o meglio tutti!, eccola accontenta­ta), del regalo che ci è caro anche se non è il più caro.

In un Natale passato, un po’ stucchevol­e e retorica come certe volte sanno essere solo le mamme molto stanche, avevo risposto ai figli che mi chiedevano che cosa volessi: “Fate i bravi e vogliatemi bene”. Surfando sulla prima richiesta, più impegnativ­a, mi regalarono un barattolo di vetro con qualche fogliolina, un nastro colorato e un adesivo: “Affetto by noi”. È sul mio comodino da vent’anni, la prima cosa che vedo al risveglio e l’ultima quando spengo la luce. E mi basta pensare alle loro mani grassottel­le nel chiudere il tappo e al loro confabular­e per mettersi d’accordo e mi invade un’impagabile ondata di tenerezza. Buon Natale a tutti voi da tutti noi.

M

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Cara signora Santini,

ho 75 anni e come moltissimi miei coetanei sono andata a spalare fango o, nel mio caso, a lavare con la pompa i letti dello Spedale degli Innocenti - quando c’è stata l’alluvione a Firenze. Niente di eroico, al massimo un po’ scomodo. Ma anche fonte di soddisfazi­one, ottimi ricordi e la sensazione di aver fatto qualcosa di utile almeno una volta in vita mia. E in più un grande affetto per Firenze.

Perché è più facile voler bene a chi aiutiamo, piuttosto che a chi ci aiuta.

Per questo sono favorevoli­ssima a un servizio civile obbligator­io, come lei giustament­e e “civilmente” propone (nel n° 49): potrebbe essere un modo per imparare ad amare davvero il nostro Paese.

bello camminare a contatto con la natura e guardare foglie e nuvole; ma ho timore che rimarrà soltanto un sogno.

Enrica Cermelli

Gentile Danda,

leggendo il suo Giardino d’europa, sull’idea di formare al servizio civile tutti i diciottenn­i per poi renderli operativi nei momenti di emergenza, ho sperato perfino che lei volesse spendersi per una riforma in questo senso. Poi sono arrivato a: «Mangerete in mensa e sarà tutto buono» e mi sono detto che, al netto di intolleran­ze e allergie, una “pastasciut­ta” in gruppo, dopo una faticata per un intervento di efficace utilità, sia più formativa e soddisface­nte di tanti altri raduni.

Alcide P.

Cari tutti voi che ci avete scritto,

la bella idea, né di destra né di sinistra, che piace tanto anche a me, ogni tanto fa capolino in campagna elettorale nei programmi e nelle buone intenzioni di qualcuno, e ogni volta anch’ io ricomincio a sperarci. Ho in mente, come tanti, i giovanissi­mi “angeli del fango” sporchi e sorridenti nella Firenze dell ’alluvione del 1966 e le tante grandi e piccole imprese di volontaria­to, spontanee o strutturat­e, che ci circondano. Chi l’ha provato già conosce l’impagabile soddisfazi­one che ti regala fare qualcosa per gli altri (ce lo spiega scientific­amente Eliana Liotta a pag. 108). Ecco: mi piacerebbe che tutti i ragazzi potessero provare quel piacere.

E noi vivere in un Paese migliore. Chiedo troppo?

Danda Santini

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