Corriere della Sera - Io Donna
“L’aumento del fatturato non dice tutto dello stato di salute di un’impresa”
“Parte del tempo lo dedico a progetti che mettono al centro le persone” “Ha pagato la scelta di delegare responsabilità ai miei collaboratori”
il pensatore austriaco il predominio della produttività si estende ormai oltre la sfera lavorativa e ha plasmato una società dove ognuno è irregimentato dentro ruoli e servizi, un accessorio della macchina produttiva, intrappolato in una continua pulsione a produrre e consumare.
«Il recupero della dimensione conviviale del lavoro, sosteneva Illich, recupera la libertà individuale e permette a ciascuno di esprimere il proprio valore e la propria capacità decisionale» spiega Cotza. Comprimere la convivialità oltre un certo limite, invece, determina una profonda insoddisfazione esistenziale. A volte, basta uno sguardo ai colleghi di scrivania per coglierne il senso di insoddisfazione, di inutilità. Uno straniamento in cui si è chiamati a fornire prodotti e svolgere compiti ripetitivi in maniera rapida, spesso senza poter aggiungere un contributo personale. «L’approccio sovversivo agli affari considera l’azienda come una palestra dove allenarsi e migliorarsi, non come campo di gara in cui competere. Se vogliamo usare uno slogan: gli utili devono essere realmente utili all’azienda, alla persona e alla società» conclude Cotza.
Fabrizio Cotza, 47 anni, Consulente aziendale
Gabriella Delrio, 48 anni, è titolare di uno studio dentistico a Verona
Lo dimostra anche una ricerca commissionata dalla sua azienda di coaching, l’accademia Sovversiva: su un campione di 554 collaboratori di piccole e medie industrie: ai premi economici e ai bonus, i dipendenti preferiscono opportunità di crescita professionale e maggiori responsabilità, veder lodato il proprio lavoro e avere uno scopo che dia un senso agli obiettivi. Dalla stessa ricerca risulta che a generare scontento è il vedere disattesi accordi e promesse e il disinteresse dei capi per il senso delle scelte aziendali.
Il successo della sovversione non dipende dalle dimensioni dell’azienda. Gabriella Delrio, 48 anni, titolare di uno studio dentistico a Verona, esemplifica: «Il successo, per altri, è acquisire nuovi studi e creare una catena? Per me è dare vita a progetti che mi gratificano come il denaro non può fare. Come “il dentista a casa” per chi non può muoversi perché troppo anziano o malato o disabile». L’ultimo intervento, di cui racconta emozionandosi, l’ha fatto solo il giorno prima a una signora di 92 anni. Un lavoro semplice, - alla dentiera – ma essenziale, per il quale è stata ringraziata con un sorriso e un “non sa che regalo mi ha fatto” che le ha riempito il cuore.
A testimoniare il ritorno economico dell’approccio sovversivo è Barbara Zaccherini, titolare di Eurek Elettronica, che realizza schede per il mondo delle telecomunicazioni, della strumentistica medica e dell’industria. Da quando ha adottato questa strategia imprenditoriale gli utili sono aumentati del 26 per cento. «Negli ultimi sette anni racconta - ho anche assunto cinque persone, con cui lavoro in un clima positivo. Il primo passo è stato selezionare in modo accurato i collaboratori. E anche i clienti: troppo spesso per tenerseli si scende a compromessi che non
Barbara Zaccherini, 51 anni, titolare di azienda ripagano, né in termini economici, né d’energia spesa per soddisfare le richieste». La decisione successiva ha riguardato lo stile di gestione dell’azienda. «Non è stato facile scegliere di delegare alcuni compiti ai collaboratori, proprio nel 2008, quando la crisi cominciava a mordere. Oggi questa gestione mi permette di dedicare tre giorni a settimana a me stessa, per occuparmi della famiglia e per riflettere in modo più distaccato sulle dinamiche del lavoro. Non solo la mia vita privata è migliorata, ma sento anche di avere davvero sotto controllo l’organizzazione lavorativa». Si può applicare anche in famiglia un approccio di delega simile? Sì, perché anche la casa è una piccola impresa. Ancora troppo spesso c’è una netta divisione di competenze e, soprattutto le donne, non delegano al partner nemmeno i compiti più banali, ritendendo il compagno meno affidabile. Una diffidenza che si sconta con meno tempo per sé e una maggiore litigiosità. Un bilancio in deficit, insomma, che da solo dovrebbe convincere a cambiare stile di gestione.