Corriere della Sera - Io Donna
Ha ritrovato un pubblico interessato e vario. E sono il corpo, il ritmo, il respiro a darle vita. Nei le gare tra autori, e nelle esibizioni, in cui il pubblico è protagonista. Ecco le sue star
Poetry Slam,
uone notizie: la poesia ha ritrovato la voce. Quando nel 1942 Pier Paolo Pasolini pubblicò Poesie a Casarsa nel dialetto del piccolo centro friulano, per lui materno, fece una doppia rivoluzione. Per prima cosa sottrasse la poesia dal linguaggio massificato, restituendola a una lingua vera. In secondo luogo, però, constatò che la lingua della poesia era diventata un “idioletto”, un codice per pochi. Per decenni, sia in varianti regionali che in italiano, la poesia continuò sempre più come un discorso tra poeti, per dire di una realtà altra. Con poche eccezioni.
Oggi, sono vari invece i segnali di controtendenza che hanno riportato la poesia davanti a un pubblico. C’è la luminosissima poesia da teatro di un’autrice come Mariangela Gualtieri, da trent’anni attiva con il Teatro della Val d’oca (ha appena pubblicato Quando non morivo), ma anche veri fenomeni come quello di Franco Arminio, il poeta che distribuisce la poesia come il pane, su Facebook e in una tournée italiana di reading senza sosta, e che si definisce “poeta pop”. Il suo ultimo libro, L’infinito senza farci caso, uscito a ottobre, ha bruciato la prima stampa di 6mila copie, e ha continuato a un ritmo di mille copie a settimana.
BLa poesia si è fatta performance
Ma tra i poeti che hanno riscoperto la vocazione orale, originaria, della poesia emerge Lello Voce, poeta e performer, a cui si deve la prima collana europea di poesia per musica, Canzoniere, di Squi(libri) editore, che nelle sue uscite ha affiancato giovanissimi talenti, come Alberto Dubito (scomparso nel 2012 a vent’anni, punto di riferimento dei nuovi poeti) o Gabriele Stera, o con maestri assoluti della poesia internazionale, come il cileno Raul Zurita. «Anche grazie all’elettronica, soprattutto i giovani stanno facendo tornare a casa la poesia: eseguono le loro composizioni in pubblico, le incidono su disco, mescolano le loro parole con la musica realizzando qualcosa di assolutamente nuovo e di assolutamente diverso dalle canzoni» spiega Voce. E infatti i festival di poesia attraggono un pubblico sempre più numeroso, e la poesia produce pure piccole “star”, come la giovane Kate Tempest, che riempie i teatri londinesi (E/O ha pubblicato due sue raccolte), o, in Italia, Simone Savogin, (Come farfalla, 2018) che trionfa in una trasmissione popolare come X Factor.
Ma il vero motore della rinascita della poesia “ad alta voce” è certamente il Poetry Slam: una gara di poesia dal vivo in cui a decidere il vincitore è una giuria scelta a caso tra il pubblico. Inventata nel 1986 da Marc Kelli Smith, poeta operaio di Chicago, è stata importata in Italia nel 2001, proprio da Lello Voce (sue le poesie di Stringi i denti e bruci dentro, 2017), che per primo ha realizzato un Poetry Slam internazionale. «In realtà lo Slam è molto di più: è un modo nuovo e assolutamente coinvolgente di proporre la poesia ai giovani, una maniera rivoluzionaria di ristrutturare i rapporti tra il poeta e il pubblico della poesia. È arte della performance, è “poesia vocale”» spiega Voce, fondatore della LIPS, la lega che unisce le esperienze di Poetry Slam nazionali.
Sul palco, il ritmo dei versi forgia la realtà
“La poesia è parola radicale, in cui ogni singolo suono è potere”
Ogni anno si tengono in Italia centinaia di poetry slam, in cui si incontrano e si sfidano migliaia di poeti, bravi e meno bravi, com’è normale in un fenomeno di vaste proporzioni. Spessissimo si tratta di donne. io Donna già nel 2009 aveva intuito la potenzialità del fenomeno e organizzato un grande Slam nazionale. Da lì il cammino è proseguito, fino al Poetry Slam che si è tenuto lo scorso settembre al Tempo delle Donne a Milano, e che ha visto vincere la poetessa di origine marocchina e attivista di Non una di meno Wissal Houbabi, 25 anni.
«Nasco dal mondo hip hop e della spoken word (performance poetica, basata sul ritmo delle parole). Era il mio modo di fare interventi politici, soprattutto su questioni di genere e di razza» si presenta Wissal. «Un giorno ho incontrato Alberto Dubito, a cui ora è dedicato un premio di poesia e musica, e mi ha introdotto nel mondo Slam». Wissal Houbabi fa parte del collettivo Zuffa, che ha sede a Trieste, dove abita, e che raccoglie esperienze diverse di poesia scritta e performativa. «Non credo che la poesia tradizionale sia morta: a lei e ad alcuni rapper devo la mia arte attuale. Ma la poesia traslata in performance rompe i filtri con il pubblico: diventa un atto che incide nella realtà». Niente di più lontano da lei, dunque, della poesia dei salotti: «Per me la poesia è parola radicale, in cui ogni singolo suono ha potere» continua. Tra il pubblico delle sue performance e nelle presentazioni dell’antologia Future, che raccoglie testi suoi e di autori migranti di seconda generazione, ci sono coetanei, ma non solo. «Credo che la sperimentazione in realtà garantisca un futuro alla poesia» conclude.
La creazione in versi, che era data per dispersa in vaghe arcadie, è dunque pronta a cercare un nuovo pubblico. «Educato, consapevole ed esigente. Che è il meglio che la poesia possa augurarsi, perché costringe a migliorare anche chi è sul palco» conclude Lello Voce.
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