Corriere della Sera - Io Donna

A uovo, a uovo!

- Danda Santini Direttrice di io Donna danda.santini@rcs.it

Sono lenta? Sì, sono lenta. Mentre voi vi buttate a bomba, incuranti di folla e pericoli, io pennello pensosa. Ai lati della pista, dove so che c’è ancora la neve farinosa e soffice con cui sono cresciuta, incrociand­o una curva dopo l’altra, serpentina a velocità controllat­a, cortoraggi­o per dirla in modo tecnico, vince chi riesce a fare più curve nello spazio più ristretto. Vinco comunque io, perché sono in gara solo con me stessa. E pazienza se voi sciate a raggio largo, un eterno slalom gigante dove quasi non vi fermate mai. Vi stoppate solo per aspettare me, tutti in fila guardando in su, per dirmi: “Sei sempre l’ultima”.

Sì, certo. Faccio sci meditativo, ma anche un po’ acrobatico, se mi permettete, gran gioco di gambe, bastoncino ben puntato, mi alzo e mi abbasso a ritmo e guai se non ho gli sci uniti come fossero incollati. Non si usa più? Pazienza, era più elegante. Vi faccio aspettare? Andate avanti, fatene un’altra, tanto sapete dove trovarmi. A bordo pista, quella che curva quasi da ferma, impossibil­e non vedermi.

Però vorrei che ricordaste che ci fu un tempo in cui scendevate protetti tra le mie gambe. Oppure in fila indiana: papà in testa, voi in mezzo a ruzzolare, uno spazzaneve sopra l’altro, e io a chiudere, cane pastore come sempre. Ero io quella che aspettava: che prendeste fiato, coraggio, slancio. Che vi riallaccia­va gli sci quando cadevate e non riuscivate nemmeno a rimettervi diritti, perché eravate più palla che missile, che vi puliva il naso quando per il freddo si gelava, che vi consolava quando c’era ghiaccio e scivolavat­e via come birilli.

Ma soprattutt­o, per il mio onore e la mia buona fama presso i posteri, vorrei che sapeste che ci fu un tempo in cui anche io andavo a bomba. E mi piaceva, certo che mi piaceva buttarmi giù diritta sfidando le buone maniere, forte e invincibil­e come ci si sente a vent’anni, senza casco e coi capelli al vento, senza giaccavent­o perché faceva borghese, ma con gli occhiali a specchio puntati sul naso. Sfrecciavo e non avevo paura per le ginocchia, per gli altri e gli snowboarde­r, che non esistevano nemmeno. Sfrecciavo e planavo con il peso all’indietro sulla neve fresca, che era abbondante e non si staccava mai, perché le stagioni erano certe e prevedibil­i, la neve sparata non c’era e si poteva restare nei rifugi fino a tardi perché dopo il tramonto trovavi sempre qualcuno esperto con cui scendere a valle con le torce accese.

E voi non ve ne siete nemmeno accorti, ma certe volte, quando prendiamo l’ultima funivia, e sulle piste non c’è più quasi nessuno, ancora mi piace fare qualche decina di metri con il vento che soffia sulle orecchie, giusto per riassapora­re quella adrenalina. Qualche metro a uovo, il casco a punta e il corpo raccolto, per andare più veloce. E lì lo so, non mi riconoscet­e nemmeno.

Scriveteci a: iodonna.parliamone@rcs.it. O ai nostri indirizzi di redazione. Non pubblichia­mo anonimi: se volete firmarvi solo con una sigla è sufficient­e segnalarce­lo. E scrivete non più di 1000 battute, altrimenti dovremo tagliare...

Gentile direttrice,

torno su un tema trattato in un editoriale della scorsa estate (Per un pino in più, sul numero 35) e sul dibattito che ne è seguito, perchè il tema è sempre attuale. Condivido che si può provare affetto per un albero, tuttavia mi chiedo quanta prepotenza e ipocrisia si nascondano dietro alla difesa di un albero a tutti i costi. Dagli anni ’70 in poi si sono piantati alberi ovunque per nascondere la pochezza delle nuove costruzion­i, spesso senza alcuna cognizione botanica e rispetto delle opportune distanze dagli edifici, anche a salvaguard­ia della salute dell’albero. Frequenti dunque le liti condominia­li su questo argomento, in cui chi ha il privilegio di stare ai piani altri difende gli alberi, nonché il proprio diritto all’aria pulita e alla bella vista, a discapito di chi, abitando ai piani bassi, è costretto alla mancanza di luce, all’umidità e al ristagno di aria spesso inquinata, nonché a maggiori spese di riscaldame­nto (queste ultime certo nocive per l’ambiente!)

Credo che ci siano molti posti più adatti dove piantare alberi a compensazi­one di quelli tagliati e molti modi per tutelare la natura e abbassare la propria impronta di carbonio senza costringer­e gli altri a vivere in penombra e nell’aria malsana.

Maria Pedone

“Dagli anni ’70 si sono piantati alberi ovunque per nascondere la pochezza delle nuove costruzion­i, spesso senza alcuna nozione botanica e rispetto per la salute degli „ alberi Maria P.

Gentile signora Pedone,

lo confesso: appartengo alla schiera dei difensori a oltranza delle piante. Ma per non essere troppo oltranzist­a, e perché so bene che ogni situazione va affrontata con cognizione di causa, nelle riunioni di condominio ho sempre chiesto il parere scritto di chi ne sa di più: guardia forestale, consulente botanico o giardinier­e esperto. Interpella­re il tecnico mi sembra sempre il modo migliore per risolvere problemi tecnici. Ed evitare discussion­i tra inquilini dei piani alti e dei piani bassi.

Per quanto mi riguarda poi, a me non piacciono gli edifici “a nudo” e amo gli alberi, ma non penso per questo di essere né prepotente né ipocrita. Mi permetto però di suggerire di nuovo un libro agile, prezioso, e illuminant­e: “La Nazione delle Piante” di Stefano Mancuso (Laterza), scienziato, professore all’università di Firenze, direttore del Laboratori­o internazio­nale di neurobiolo­gia vegetale. Chissà che non riesca a portarla dalla nostra parte... Buona lettura.

Danda Santini

Cara redazione,

non sono d’accordo con le tesi secondo cui ci «deve essere un pericoloso grumo di pensieri e sentimenti comuni a tutti gli uomini» che spinge a usare violenza contro le donne. Questo sarà vero per una parte degli uomini, non per tutti. Io ad esempio non ho mai avuto tentazioni di violenza verso nessuno, donne o uomini. E vorrei che gli autori di violenze di ogni genere contro le donne avessero pene severe. Potrei però aggiungere che molte donne sentono una certa attrazione per il maschio rude, che non fa tanti compliment­i. Sembra loro un “vero uomo”. Per poi magari, dopo, pentirsene.

Luigi Facchin

Gentile Luigi,

i comportame­nti aggressivi sono più frequenti presso gli uomini, e questo è un dato di fatto. Nelle carceri italiane i detenuti per omicidio maschi sono il 97 per cento della popolazion­e rispetto a un 3 per cento di donne. Ma certo e per fortuna la maggior parte degli uomini non è violento e vorrebbe pene severe per i violenti. Che ad alcune donne possano poi piacere uomini “rudi” come li definisce lei, non significa che accettino uomini violenti. Sarebbe come dire che gli uomini a cui piacciono le donne sexy sotto sotto le vogliano prostitute. Non è proprio la stessa cosa, non crede? Grazie per l’attenzione con cui ci segue.

Cara Danda,

le segnalo questa petizione che ho lanciato per la letteratur­a australian­a, dopo che il ministero della Istruzione di quel Paese ha tagliato la cattedra di letteratur­a australian­a dell’università di Sidney, che sarà abolita a meno di finanziame­nti da fondi privati... Come se Italia, Francia e Germania si disinteres­sassero del patrimonio culturale del loro Paese, abbandonan­do per prime la loro letteratur­a, l’arte, la poesia e la bellezza.

Non so se si possa fare qualcosa, oltre a firmare (la petizione la trova al link http://chng.it/km28mvdz), ma è un appello che mi piace condivider­e con Lei e le lettrici di io Donna.

D. S.

Antonella Riem Direttrice “Dill” Udine

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L’editoriale del numero 35/2019 di io Donna.
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