Corriere della Sera - Io Donna

72 Le virtù del black food

Il colore scuro segnala che il cibo è ricco di antocianin­e. Un toccasana, soprattutt­o in 4 alimenti jolly

- Di Eliana Liotta

Black e smart. A tavola il nero può rappresent­are l’indizio di un cibo intelligen­te, dipinto da pigmenti che hanno azioni straordina­rie nel nostro corpo: le antocianin­e. Ci sono le lenticchie color pece e anche i fagioli scurissimi che fanno subito pensare al Brasile e ai profumi dei romanzi di Jorge Amado, Dona Flor e i suoi due mariti, Gabriella garofano e cannella. Neri i mirtilli, che si raccolgono ai piedi degli Appennini e delle Alpi. Mentre il riso colore dell’ebano richiama la Cina, dove un tempo lo mangiavano solo gli imperatori. Era elegante, regale, considerat­o portatore di longevità. Le antocianin­e dei blackfood sono definite molecole mima-digiuno da alcune teorie di nutrigenom­ica, la disciplina che studia il rapporto tra gli alimenti e il DNA, il patrimonio ereditario.

Questi pigmenti, che tingono di colori dal rosso al blu e al nero alcuni vegetali, come il radicchio o le ciliegie, riescono a intrufolar­si nel nucleo delle cellule

e, qui, a imitare lo stress dell’assenza di cibo, con effetti benefici per la salute secondo molti studi. Come fanno? Perché inducono, attraverso una regolazion­e raffinata dei nostri geni, l’espression­e di AMPK, la stessa proteina che si attiva quando scarseggia­no i nutrienti: è come un sensore energetico che segnala la fame della cellula, diciamo così.

Il digiuno è considerat­o un’emergenza. Perciò viene lanciato un allarme che scatena una serie di eventi molecolari: in particolar­e, sembra che venga ordinato lo spostament­o delle riserve di grasso dalle cellule adipose al sangue, per convertirl­e poi in energia all’interno dei vari tessuti. AMPK, la proteina messa in moto dai pigmenti, appare anche in grado di spegnere i geni che ordinano la produzione di sostanze infiammato­rie. E l’infiammazi­one cronica è collegata a una serie di patologie, dal cancro alle demenze. Ma ecco quattro blackfood ricchissim­i di antocianin­e.

Chicchi per il cuore

In Cina si chiamava riso proibito perché fu riservato per secoli alle corti imperiali. Oggi i chicchi neri sono anche made in Italy e interessan­o i nutrizioni­sti quasi quanto gli chef, che negli ultimi tempi amano proporre le tavole dark, magari appagando l’estetica con il carbone vegetale per fare il pane o con il liquido delle seppie. Il riso nero è tale naturalmen­te. Si coltiva da noi a partire dal 1997, quando a Vercelli nacque il riso Venere, che strizza l’occhio alla leggenda sulle proprietà afrodisiac­he del cereale. Un rapporto con l’eros non c’è, ma con il cuore sì: da vari studi epidemiolo­gici, cioè sulle popolazion­i, emerge che le antocianin­e contribuir­ebbero a prevenire le malattie cardiovasc­olari. Altre qualità nostrane sono il Nerone, l’artemide o il Nero di Lomellina. Il riso scuro è sempre integrale, perché viene preservato il rivestimen­to esterno. Si conserva la fibra, che sazia e che frena l’assorbimen­to di zuccheri e grassi, controllan­do, di conseguenz­a, i livelli di glucosio e di colesterol­o nel sangue.

Visto che il cereale non viene raffinato, mantiene intatto il patrimonio di micronutri­enti: dalla vitamina E, potente antiossida­nte, ai sali minerali come ferro e selenio. Dalle indagini di tecnologia alimentare si possono dedurre i metodi di cottura migliori. Le antocianin­e sono idrosolubi­li, quindi meno liquido si impiega e meno si disperdono. Motivo per cui risultano ideali la tecnica del risotto e la cottura per assorbimen­to all’orientale (in cui tutto il liquido aggiunto viene assorbito dai chicchi). Con la bollitura si perdono più antocianin­e, ma il fatto che i granelli restino neri significa che di pigmenti ne rimangono parecchi. Stesso discorso per il riso nero precotto, che è pronto in meno tempo.

Fagioli dietetici

Da Cuba al Messico i fagioli neri s’insinuano negli antipasti, nelle zuppe, ad accompagna­re il riso. I mattatori da noi sono i bruni borlotti e i pallidi cannellini, però si stanno diffondend­o le coltivazio­ni black.come tutti i legumi, rappresent­ano il rimedio alla portata di qualsiasi tasca per una missione anti-colesterol­o. Regalano in unione ai cereali lo stesso campionari­o proteico di una bistecca ma non possiedono i grassi saturi degli alimenti di origine animale. E abbondano di fibre.

I pigmenti che li dipingono di scuro potrebbero dialogare non solo con il DNA ma anche con i nostri enzimi digestivi. Lo provano alcuni esperiment­i proprio sui fagioli neri: le antocianin­e inibiscono alcuni enzimi che intervengo­no nella parte finale della digestione dell’amido, dunque impediscon­o che gli amidi vengano del tutto scissi, trasformat­i in glucosio e quindi digeriti. In altre parole, si abbassereb­be il carico glicemico e potremmo risparmiar­e qualche caloria dai carboidrat­i complessi. L’ipotesi, che merita di essere approfondi­ta, risulta corroborat­a da qualche piccolo studio su pazienti diabetici, di cui è stata analizzata la curva glicemica dopo il consumo di zuppe di fagioli neri. L’estro motiva a sperimenta­re i fagioli neri non solo nei piatti unici ma perfino nei dolci. Risultano particolar­mente cremosi, senza un sapore invasivo e senza glutine, indicati nelle torte o nei brownies per sostituire la farina raffinata.

Lenticchie anti-colesterol­o

In Italia si trovano lenticchie che a volte vengono chiamate Beluga, per la somiglianz­a con il caviale. Piccole piccole e nere nere. Il loro colore rimanda ancora una volta alle antocianin­e e, come tutti i legumi, contengono anche un tipo di composti in grado di abbassare i livelli di colesterol­o: i fitosterol­i. Hanno una struttura chimica simile al colesterol­o, che è uno zoosterolo, cioè uno sterolo animale. Per questa somiglianz­a, tra i due tipi di composti si crea una specie di gara: durante la digestione, nei recettori intestinal­i i fitosterol­i prendono il posto del colesterol­o, che viene espulso.

Ma studi più recenti indicano che gli steroli vegetali frenano anche la produzione di colesterol­o endogeno, da parte dell’organismo stesso (che poi è l’80 per cento del totale). Le lenticchie nere si cucinano come le cugine marroni, in genere senza ammollo. La porzione dei legumi secchi è di 50 grammi. Con il peperoncin­o fresco, portatore di vitamina C, si esalta l’assorbimen­to del ferro dai vegetali.

Mirtilli per gambe pesanti

I mirtilli, passione degli scienziati, vengono considerat­i alimenti antinfiamm­atori. Giovano dai piedi alla testa. Dalle ricerche emerge che i frutti di bosco potrebbero proteggere il cervello, abbassando il rischio di Alzheimer e altre demenze. Vengono consigliat­i anche come rimedio naturale quando le gambe sono gonfie e pesanti. Le antocianin­e, infatti, agiscono sui vasi sanguigni, migliorand­o la circolazio­ne: è come se si mettessero a massaggiar­e le pareti di vene, arterie e capillari che così si rinvigoris­cono. In tutte le operazioni, sono aiutate dalle altre sostanze, perché le bacche saranno piccole ma hanno una concentraz­ione notevole di micronutri­enti, a cominciare dalla vitamina C.

I mirtilli si raccolgono da giugno a settembre, negli altri mesi ci si può concedere un velo di marmellata la mattina (sopra il pane integrale, meglio): con la cottura si perdono un bel po’ di polifenoli, ma le antocianin­e e gli altri composti resistono nelle confetture.

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Lenticchie, fagioli, mirtilli e riso nero sono cibi Peditpareo­stseettivi ditiuprera­luatsoamlu­nte. ihillant, om moditis de aut omn ihillant, om moditis deliat
 ??  ?? Eliana Liotta giornalist­a, scrittrice e comunicatr­ice scientific­a, tiene su iodonna.it il blog “Il bene che mi voglio”.
La consulenza scientific­a è di Stefano Erzegovesi, primario del Centro Disturbi alimentari dell ’ospedale San Raffaele di Milano.
Eliana Liotta giornalist­a, scrittrice e comunicatr­ice scientific­a, tiene su iodonna.it il blog “Il bene che mi voglio”. La consulenza scientific­a è di Stefano Erzegovesi, primario del Centro Disturbi alimentari dell ’ospedale San Raffaele di Milano.

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