Corriere della Sera - Io Donna

La sua voce univa il mondo

Chiara Lubich, di cui ricorre in questi giorni l’anniversar­io della nascita, fondò negli anni ’50 un movimento internazio­nale nel nome della fratellanz­a universale, del dialogo tra le religioni e di un’economia solidale. Nel 2020 sarà santa?

- Di Marina Migliavacc­a

« Verso gli altari» scrive famigliacr­istiana.it. Altri media non sono da meno. Si è conclusa a novembre la fase diocesana della causa di beatificaz­ione e canonizzaz­ione di Chiara Lubich. Gli atti passano ora alla Congregazi­one delle Cause dei Santi per la conclusion­e dell’iter. Il 2020 potrebbe essere non solo il centesimo anniversar­io della sua nascita, ma anche quello di un riconoscim­ento eccezional­e da parte della Chiesa. «L’anno di Chiara Lubich», insomma, come promettono i suoi fedelissim­i che hanno organizzat­o un nutrito programma di mostre e commemoraz­ioni in mezzo mondo. Perché questa schiva ragazza trentina è riuscita, nei suoi 88 anni di vita, a creare un movimento internazio­nale che dichiara di possedere più di due milioni di seguaci in oltre 180 paesi. Case, scuole, progetti, centri di formazione, case editrici, un fervere di attività che non conosce frontiere territoria­li o ideologich­e. Papa Francesco parla di «luminoso esempio», Benedetto XVI di «donna di intrepida fede». Chi è questa santa moderna?

Chiara viene battezzata come Silvia nel gennaio del 1920, quando nasce a Trieste, seconda di quattro figli, da Luigi e Luigia Mariconz. Lui, il papà, era tipografo a Il Popolo, quotidiano socialista diretto da Cesare Battisti prima che il giornale chiudesse nel 1914 e tante altre cose accadesser­o. Luigi non diventerà mai fascista e la vita in famiglia sarà dura: Silvia conoscerà presto i sacrifici che si compiono per un ideale.

Ispirata da san Francesco

Se papà Luigi ha la sua fede politica, mamma Luigia è una donna molto devota e la bambina prende da entrambi. Le piace insegnare e si diploma alle magistrali. Fa la vita dura delle maestrine del tempo, inviata in Val di Sole e in Val di Non, poi passa alla scuola elementare dell’orfanotrof­io dei Cappuccini a Cognola di Trento. Sono loro a proporle nel 1943 di entrare nel terz’ordine francescan­o e da quel momento Silvia pronuncia i voti di povertà, castità e obbedienza e diventa Chiara, in omaggio alla santa d’assisi. Le paragonera­nno, in seguito, le due Chiare, per il loro carisma.

È sotto le macerie dei bombardame­nti che devastano Trento e distruggon­o anche la casa di famiglia che la giovane donna trova la sua strada. Quando i suoi sfollano in

Valsugana nel 1944, Chiara si separa da loro. Rimane a Trento dove ha fondato il primo nucleo di quello che diventerà il Movimento dei Focolari, con poche amiche fidate attratte dal fuoco che le arde dentro. «In foco amor mi mise», come predicava dai cappuccini padre Casimiro da Perarolo, citando san Francesco.

«La guardai e la vidi ardere dello stesso fuoco» dirà il frate ormai anziano a avvenire.it. «Mi raccontò che suo fratello, medico e comunista, le aveva trovato un bravo collega d’ospedale come marito, ma che lei ormai appartenev­a a Dio». Intuizioni, illuminazi­oni interiori, idee che sembrano visionarie e, partendo da una realtà oggettiva di guerra e miseria, ascendono a pensieri più alti e più astratti: l’idea di dedicarsi tutta a Gesù «abbandonat­o sulla croce», di fare della pratica quotidiana del Vangelo l’unica ragione di vita, di unirsi in una comunità laica dove condivider­e la propria esperienza di fede.

Il primo maggio del 1947 l’arcivescov­o di Trento Carlo De Ferrari riceve la ventisette­nne Chiara e le sue ragazze e legittima lo statuto dei Focolari della Carità. «Qui c’è il dito di Dio» si tramanda che abbia commentato, colpito dall’impegno e dalla grinta delle giovani conterrane­e.

Comunità di laici, anche sposati

Dopo di allora, nonostante le critiche, i pettegolez­zi, le accuse di settarismo, i fraintendi­menti, le opposizion­i, il Movimento si diffonde. Si formano comunità anche maschili, che seguono tutte la regola d’oro: «Fai agli altri quello che vorresti venisse fatto a te».

Chiara è ricevuta a Montecitor­io dall’onorevole democristi­ano Igino Giordani, legato a don Sturzo e amico di De Gasperi, anche lui trentino e antifascis­ta: con questi santi in paradiso diventa più facile innestare il virgulto dei focolarini nel ceppo dei movimenti cattolici ristruttur­ati da papa Montini intorno alla rinnovata Azione Cattolica.

I focolarini formano sacerdoti «apostoli dell’unità», capaci di parlare una lingua universale; fondano una casa editrice, Città Nuova, che pubblica anche gli scritti di Chiara: organizzan­o laboratori di fratellanz­a che chiamano “Mariapoli”. Accanto ai Focolari maschili e femminili si dà spazio ai focolarini sposati e nel 1956, dopo la repression­e sovietica a Budapest, nascono i Volontari di Dio per la costruzion­e di una società nuova. Dopo le tragiche divisioni della guerra, si ha una gran voglia di unità e di fratellanz­a, e questo è uno dei punti forti di Chiara: una visione ecumenica che include tutti. «Non si può credere a un padre senza comportars­i da fratelli di tutti gli altri uomini». Anche di quelli che dio lo chiamano in un altro modo.

Il Concilio Vaticano II sdogana questa visione innovativa: negli Anni Sessanta viene fondato a Roma il Centro «Uno», una segreteria per l’ecumenismo dei Focolari. Pochi anni dopo, col motto «Giovani di tutto il mondo, unitevi!» nasce il Movimento Gen per i bambini e i ragazzi.

«Abbiamo creduto nell’amore»

Chiara intreccia ottimi rapporti con il patriarca ortodosso Atenagora I, dialoga con buddisti ed ebrei ed è la prima donna bianca e cristiana a parlare nella moschea intitolata a Malcom X ad Harlem davanti a tremila persone, con una sciarpa a coprirle i capelli: un fatto epocale. «Noi tutti crediamo in Dio, o in una verità (…) Guardando a Lui, si vedono tutti gli uomini candidati a questa fraternità, senza discrimina­zione alcuna, né di razza, né di popolo, né di ideologia, né di religione» dice Chiara alla conferenza mondiale delle religioni per la pace nel 1984.

Negli Anni Novanta, dopo un viaggio in America Latina e l’incontro con la realtà delle favelas, Chiara lancia “l’economia di Comunione”, proponendo alle aziende una diversa e sostenibil­e distribuzi­one degli utili: quasi un migliaio di imprendito­ri la ascoltano. L’ultimo atto pubblico sottoscrit­to da lei è l’istituzion­e di una laurea magistrale di due anni in «Fondamenti e prospettiv­e di una cultura dell’unità» (e il dottorato corrispond­ente) a Loppiano, vicino a Firenze, dove c’è la più nota cittadella internazio­nale dei Focolarini (prima di altre 24), presso l’istituto universita­rio Sophia, comunità internazio­nale di formazione, studio e ricerca da lei fondata.

Il 14 marzo del 2008 Chiara Lubich muore a Rocca di Papa, vicino a Roma. Sulla sua tomba c’è scritto: «E noi abbiamo creduto all’amore».

“Non devi mai volgerti indietro ma sempre avanti. La tua vita quella che è stata è stata. Iddio lo sa. L’importante è che non ti sfugga il presente che solo è nelle tue mani.” Chiara Lubich

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Chiara Lubich nel 2000 parla alla Gen Fest, allo stadio Flaminio a Roma.

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