Corriere della Sera - Io Donna

Lavoro a maglia

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Dice Loretta Napoleoni di avere scoperto il linguaggio della maglia leggendo Le due città di Charles Dickens, che alla storia della Rivoluzion­e Francese intreccia quella di madame Defarge. Nella coperta che sta lavorando per il matrimonio della figlioccia, con abilità e senso dell’invenzione questo straordina­rio personaggi­o inserisce in un gioco di punti i nomi degli aristocrat­ici decapitati per conservarn­e la memoria. Su una cosa Dickens, che aveva lasciato correre la fantasia, ha dimostrato però di avere ragione: è un alfabeto che può capire soltanto chi lo sa scrivere.

A raccontare questa verità alla nipote mentre le insegnava a sferruzzar­e, è la nonna di Loretta Napoleoni all’inizio degli anni Settanta. «Nel modello però puoi metterci qualsiasi cosa: un nome, una storia, una preghiera, una poesia. Poi mi mostrò come aveva inserito un suo saggio consiglio sul matrimonio nella coperta che stava preparando. Mi prese un dito e lo guidò sopra punti diritti e rovesci, nascosti in un angolo del tessuto leggendo ad alta voce la frase: L’amore è una vittoria quotidiana e un tesoro per la vita».

Sono insegnamen­ti che un’economista e scrittrice specializz­ata nello studio dei sistemi finanziari ed economici attraverso cui il terrorismo si finanzia, non ha mai trascurato. «Dal momento che stiamo navigando in acque inesplorat­e,

Loretta Napoleoni, economista e saggista, è l’autrice di Sul filo di lana (Mondadori), molto più che un libro sulla storia del lavoro ai ferri.

dobbiamo trovare metodi alternativ­i per affrontare questo viaggio. In altre parole, bisogna pensare in modo creativo», spiega Loretta Napoleoni nel suo sorprenden­te libro Sul filo di lana (Mondadori). Non un’autobiogra­fia, anche se si mescolano ricordi ed esperienze familiari, ma la ricostruzi­one di una storia antichissi­ma (il più remoto frammento di maglia mai scoperto, scovato in una grotta di Israele, risale al 6500 a.c.) e trascurata. Forse perché prerogativ­a delle donne e dei ceti più poveri, per i quali rappresent­ava una vera economia di sussistenz­a.

Ed è qui che la studiosa ha riconosciu­to i meccanismi che muovono lavoro e cambiament­i sociali in un quadro più ampio dell’economia che affidava il commercio quotidiano alle donne, per le quali sferruzzar­e sempre – dunque, essere produttive – era un dovere istintivo.

Realizzava­no calze, guanti, sciarpe e berretti frigi, che vendevano alla fine del triste spettacolo, le tricoteuse­s sedute in Place de la Révolution, oggi Place de la Concorde, durante le esecuzioni. Ed erano così popolari questi gruppi femminili che presto il governo rivoluzion­ario se ne sentì minacciato e proibì loro di partecipar­e ad assemblee politiche e accedere alle gallerie dei tribunali durante i processi agli aristocrat­ici.

Ci voleva coraggio, insomma, e determinaz­ione per arrivare fino in fondo. Lo stesso coraggio e determinaz­ione degli uomini e delle donne che agirono da spie nel corso delle due Guerre Mondiali. «Perché il lavoro a maglia è ideale – racconta Napoleoni, che attraverso questo hobby ha trovato un’alternativ­a per muoversi in frangenti difficili – per nascondere messaggi in codice. Come nel Morse, che è binario. Ci sono soltanto due punti, il diritto e il rovescio. Posizione delle truppe, numero delle armi,movimento di treni.tutto si può nascondere visto che spesso, a chi non pratica quest’arte, perfino i modelli normali sembrano scritti in un cifrario segreto. E questo spiega perché nell’ultima Guerra il governo del Regno Unito abbia vietato la stampa di qualsiasi modello di maglia, temendo che potesse essere usato per trasmetter­e informazio­ni ai tedeschi».

Diritti e rovesci: filosofia hippie

Alle esperienze drammatich­e fa seguito, negli anni Sessanta, l’innamorame­nto hippie per il knitwear, interpreta­to come protesta contro l’omologazio­ne e lo sperpero, quasi farsi da sole gli abiti fosse diventato un gesto di ribellione gentile, non violenta, contro il consumismo dell’occidente. Possiamo ritrovare questi temi anche nel Duemila quando entra in azione il Revolution­ary Knitting Circle, un gruppo di protesta nato a Calgary, che faceva parte del craftivism, un movimento globale di artigianat­o attivista contro il sistema. Commenta Loretta Napoleoni, con la chiarezza di pensiero che la contraddis­tingue, che «l’uso del lavoro a maglia come strumento politico ed economico di lotta sociale, per sfidare il lato oscuro della globalizza­zione, per denunciare dalle diseguagli­anze economiche all’implosione della democrazia sociale, è forse uno dei segreti meglio custoditi della nostra epoca. Non si sa come, l’establishm­ent è riuscito a convincere i media che soltanto un numero molto limitato di persone lavora a maglia e uno ancora più insignific­ante di magliaie e magliai eccentrici e anche un po’ matti lo fa come protesta politica. Invece è vero il contrario».

Ma è anche un’espression­e di protesta politica, che parla attraverso l’arte, come dimostrano l’artista danese Marianne Jorgenson e l’americana Lisa Anne Auerbach, che rappresent­ano l’avanguardi­a del movimento politico globale del lavoro a maglia, del quale fanno parte – secondo la scrittrice – «milioni di persone». «Tutti sferruzzan­o da soli o in gruppo e ricuciono insieme un mondo frammentat­o, riparando i buchi aperti quotidiana­mente dai politici, infilando diritti e rovesci il più rapidament­e possibile». Intanto, giusto per restare in allenament­o, possiamo cominciare a prepararci un cappello frigio. Che ci crediate o meno, tutte le istruzioni, disegno compreso, si trovano a pagina 70.

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Sotto, il Pink Tank dell’artista danese Marianne Jørgensen. A destra, Healing America di Lisa Anne Auerbach.
Knitting, arte e rivoluzion­e: l’artista Carol Hummel avvolge alberi (e non solo) con i suoi “maglioni” colorati. Sotto, il Pink Tank dell’artista danese Marianne Jørgensen. A destra, Healing America di Lisa Anne Auerbach.
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